La pandemia Covid-19 è l’esempio di quello che, nell’analisi delle politiche pubbliche, si chiama “focusing event”, un evento improvviso che costringe i decisori pubblici a riprogrammare le loro priorità inserendo nell’agenda degli interventi temi prima ritenuti non prioritari. L’invecchiamento della popolazione è uno di questi.
Si tratta di un argomento ampiamente trascurato nell’agenda di policy nazionale (Gori 2019) tanto che negli ultimi 20 anni sono state avanzate ben 18 proposte di riforma, delle quali solo una (l’istituzione del modesto Fondo Nazionale per le Non Autosufficienze) è stata effettivamente adottata (Pesaresi 2018).
Oggi, la vulnerabilità degli anziani rispetto al Coronavirus e le difficoltà per famiglie e assistenti familiari (le cosiddette “badanti”) a raggiungerli, hanno fatto emergere la totale inadeguatezza delle attuali forme di assistenza riservate a chi è avanti negli anni.
Basti pensare ad un dato riassuntivo ed emblematico della situazione: dal 2010 e 2016 si è registrato nei comuni italiani un calo del 25% di spesa e utenti per servizi di assistenza domiciliare, proprio quelli che in questa fase di emergenza sarebbero estremamente utili alla popolazione anziana isolata in casa. Inoltre, la spesa sociale pro capite dei Comuni per gli anziani è crollata da 119 euro nel 2003 a 92 euro nel 2016 (Istat 2019).
Nel pieno della crisi sanitaria, le soluzioni di “welfare fai da te” – basate su un milione di badanti (regolari e irregolari; Fosti e Notarnicola 2019) ci pongono di fronte a una serie di questioni mai affrontate che portano alla luce l’intrinseca debolezza delle forme di “bricolage familiare”.
Per timore del contagio vi è infatti il serio rischio che colf e badanti decidano di interrompere il rapporto di lavoro lasciando soli gli anziani. Le associazioni dei datori di lavoro domestico e le organizzazioni sindacali, dal canto loro, hanno denunciato che questo è in gran parte già avvenuto da parte delle famiglie degli anziani che, obbligate a restare a casa e con meno risorse economiche, hanno scelto di fare da sé.
In un comunicato unitario Cgil, Cisl e Uil si sono appellati alla Ministra del Lavoro perché questi lavoratori fossero inclusi tra i beneficiari della Cassa Integrazione in deroga, così da scongiurare “un grave pregiudizio del reddito di queste lavoratrici elavoratori, che possono andare incontro addirittura alla perdita dell’alloggio”.
L’appello non ha sortito effetti visto che il Decreto“Cura Italia” non contempla misure di integrazione salariale in costanza del rapporto di lavoro. Per ora si sta studiando solo la sospensione (al 10 giugno prossimo) dei termini per i versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria dovuti dai datori di lavoro.
Per gli anziani che non potranno contare né su una badante né sulla famiglia diventeranno, in questa fase, centrali le iniziative basate sull’impegno di volontari, come quelle che associazioni della terza età come Auser che hanno già avviato in molte regioni servizi di “telecompagnia e ascolto”, segretariato sociale, consegna della spesa e dei medicinali e anche servizi di trasporto per dializzati e per chi necessita di cure salvavita.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)