Due rapporti sul sistema pensionistico italiano – quello di Itinerari Previdenziali e quello dell’Istat – portano alla stessa conclusione: l’Italia sta procedendo verso una certa stabilità del sistema, soprattutto per effetto della riforma Fornero del 2011, ma la pandemia e Quota 100 rischiano di farle fare diversi passi indietro.
Secondo gli ultimi dati disponibili, riferiti al 2019, i pensionati in Italia sono poco più di 16 milioni e incassano 22,8 milioni di assegni. La spesa complessiva per le pensioni è stata di 301 miliardi di euro, il 2,5% in più rispetto al 2018. Il rapporto tra pensionati previdenziali e occupati, anche grazie alla crescita del numero di occupati prima della pandemia, era sceso a 602 pensionati per mille occupati, il livello più basso dal 2000, cioè da quanto l’Istat elabora questo tipo di statistica. Anche a livello economico c’erano progressi. Il costo delle pensioni puramente “lavorative”, nel 2020 è stato di 233 miliardi, coperto per il 90% dai contributi. Il “buco” previdenziale del 2019 – coperto dalle entrate dello Stato – è stato di 20,9 miliardi.
Quello che resta “scoperto”, ma che è comunque in buona parte a carico dell’Inps, è la previdenza assistenziale, che ha avuto costi per 88 miliardi di euro nel 2019: 25 miliardi per gli assegni assistenziali, 43 miliardi per quellidestinati ai superstiti. Per Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, è sempre più urgente separare la gestione assistenziale da quella previdenziale, per impedire che sovrastime convincano Unione Europea e agenzie di rating a pretendere tagli e riforme del sistema pensionistico, quando il problema - tutto italiano – è l’esplosione di forme assistenziali messe impropriamente sotto il capitolo pensioni.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)