Sebbene tutti i gruppi di età siano a rischio di contrarre il Covid-19, le persone anziane corrono un rischio significativamente più elevato di mortalità e di sviluppare malattie gravi a seguito dell’infezione; con quelli di età superiore a 80 anni che muoiono a un tasso cinque volte superiore alla media.
Si stima che il 66% delle persone di età pari o superiore a 70 anni soffra di almeno una condizione cronica, il che le espone a un rischio maggiore di impatto grave da COVID-19. Si aggiungono a ciò gli effetti collaterali legati alle restrizioni: assistenza sanitaria negata per condizioni estranee al Covid-19, maggiore rischio di negligenza, solitudine ed abbandono.
Le tecnologie ICT (Informa-tion and Communication Technology) possono rappresentare uno strumento importante per aiutare a superare alcune di queste criticità.
In Italia la diffusione della tecnoassistenza è stata sempre disomogenea per la mancanza di linee guida precise sull’organizzazione e le rimborsabilità, le criticità legate alle normative sulla gestione dei dati, l’eterogeneità degli strumenti disponibili, la mancanza di integrazione con il fascicolo sanitario elettronico, e la mancanza di un reale approccio multidisciplinare alla gestione del paziente cronico. In altri Paesi europei, dove l’utilizzo di ausili tecnologici nei servizi sociali è più comune, c’è stata una forte spinta verso la diffusione di questi strumenti.
I dati Eurostat ci dicono che in generale la diffusione di dispositivi ICT tra gli anziani in Italia è estremamente bassa. Nel 2017 in Italia il 67% degli individui tra 65 e 74 anni non avevano mai usato un computer. Confrontandoci con i Paesi dell’Unione Europea dove a livello globale la percentuale è del 40%, l’Italia si colloca tra gli ultimi (peggio di noi solo Bulgaria, Romania, Croazia e Grecia). Al contrario nei Paesi scandinavi la percentuale di anziani tra i 65 e i 74 anni che non avevano mai usato un computer si avvicina allo zero, mentre in Olanda, Lussemburgo e Danimarca si attesta tra il 5% ed il 10%.
Gli ultimi dati Eurostat, ci dicono però che c’è stato nel 2020 un evidente aumento dell’utilizzo dei servizi internet da parte della fascia di età tra 65 e 74 anni. Purtroppo per alcuni Paesi, tra cui l’Italia, i dati del 2020 non sono ancora disponibili, ma il trend è comune. In particolare, la percentuale di persone tra 65 e 74 anni che hanno usato internet per telefonate o videochiamate è aumentato a livello Europeo del 30%. È inoltre interessante notare che negli unici due Paesi per cui sono disponibili i dati (Spagna e Norvegia), anche per la fascia di età superiore a 75 anni, si rileva un significativo incremento nell’uso di internet. Infatti la percentuale di persone di età superiore a 75 anni che hanno utilizzato internet per effettuare telefonate o videochiamate, in questi due Paesi passa rispettivamente dal 9% nel 2019 al 17% nel 2020 e dal 26% al 30%.
La solitudine della pandemia ha rappresentato dunque una spinta a superare la diffidenza di una parte significativa della fascia di popolazione anziana verso l’utilizzo delle tecnologie digitali. Importante sarebbe anche una maggiore attenzione a questa fascia di utenza da parte di chi le tecnologie le offre sul mercato proponendo soluzioni che possano essere facili da usare ed accettabili evitando il rischio della stigmatizzazione. Nonostante ciò, una piena evoluzione del sistema sociosanitario italiano verso il modello della Connected Care, ovvero un sistema salute connesso e personalizzato - grazie alle tecnologie digitali, alla valorizzazione dei dati e all’empowerment dei cittadini e dei professionisti - è ancora lontano.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)