Il libro bianco “Anziani senza famiglia” curato dall'associazione Felicita - alla quale aderiscono i parenti di ricoverati in 69 strutture in Italia - contiene le testimonianze dei parenti degli ospiti nelle case di riposo.
“Mentre la vita collettiva è tornata a una progressiva normalizzazione -si legge nel Libro bianco-, quella delle persone che per mancanza di autonomia sono costrette alla permanenza in strutture protette, insieme con quella dei loro familiari, da oltre sei mesi continua a restare sospesa in un mondo a parte. In pratica, un lungo lockdown che ha creato più danni del contagio stesso. Oltre ai danni dovuti alla mancata protezione, all’inosservanza delle regole di sicurezza, all’esclusione dalle cure ospedaliere, gli anziani hanno, così, subito il danno di una prolungata esclusione dalla vita e dal possibile ritorno alla normalità”.
Infatti, in assenza di indicazioni chiare e stringenti da parte delle Regioni, le direzioni delle Rsa si sono orientate verso una chiusura di fatto di ogni contatto con l'esterno.
“Inoltre, nel determinare la qualità del servizio di una Rsa -ricorda l'associazione Felicita-, il fattore umano rappresenta più del 95 per cento ma i criteri di selezione, di retribuzione, di attenzione verso il personale, specialmente quello delle qualifiche inferiori, sono drammaticamente bassi. Una bassa qualità di vita del personale di assistenza conduce, infatti, a una bassa qualità di vita del ricoverato”.
Un grido di allarme che arriva dalle famiglie ma anche dagli stessi operatori, che chiedono alle Istituzioni di trovare un equilibrio tra l’esigenza di sicurezza e l’esigenza di assistenza e di vicinanza che hanno i residenti in strutture per anziani.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)