Si sostiene oggi che l’invecchiamento delle società industriali e post-industriali sia una “bomba a orologeria demografica”: meno persone lavorano e più persone ricevono una pensione e richiedono assistenza sanitaria. Questa potrebbe essere una tesi fondata guardando solo all’“indice di dipendenza anziani” ( rapporto tra over 64 e popolazione in età lavorativa tra 15 e 64 anni) e presupponendo che gli anziani siano fruitori improduttivi di sussidi statali. Se, invece, si riconosce il ruolo della longevità, il quadro si chiarisce. L’età nominale, oggi, non riesce a cogliere l’aspetto multidimensionale dell’invecchiamento e correlarlo ad altri indicatori fondamentali come tassi di mortalità e morbilità, aspettativa di una vita in buona salute e disuguaglianze legate alla salute. Come per l’età cronologica, il rapporto tra questi fattori evolve continuamente. Le condizioni dell’invecchiamento moderno sono molto varie e i governi ne dovranno tener conto nel definire programmi di supporto all’invecchiamento non tralasciando politiche flessibili che aiutino i lavoratori maturi a cogliere i benefici di una vita più lunga e produttiva. Bisogna abbandonare la misurazione nominale dell’età che tratta gli anziani come un problema e smettere di preoccuparsi delle “società che invecchiano” . I Governi dovrebbero concentrarsi sul tipo di cambiamento demografico che vogliono e offrire al maggior numero di persone possibile l’opportunità di cogliere la sfida della longevità.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)