L'articolo si concentra sulle differenze fra le diverse generazioni, nate fra il 1929 e il 1969, evidenziando, da un lato, il ruolo giocato dalle storie lavorative sulle loro condizioni economiche ‘da anziani’, dall’altro quello giocato dalle diverse storie familiari sull’inserimento in reti di sostegno.
Lo studio considera l'età dei soggetti non come marcatore individuale di crescita ma come specifico fattore di appartenenza ad una determinata generazione nella sua evoluzione in base al contesto storico e socio-economico di appartenenza.
Le condizioni economiche delle diverse generazioni, nel passaggio dall'età adulta a quella anziana, sono il risultato dell’intreccio tra i cambiamenti occupazionali e contrattuali che essi hanno vissuto da giovani e adulti e i mutamenti avvenuti nel sistema pensionistico. Sotto questo profilo l'analisi evidenzia che le generazioni nate prima degli anni ‘30 si sono trovate, da anziane, frequentemente esposte al rischio di povertà. La loro storia lavorativa era infatti connotata da bassi livelli professionali (e quindi retributivi) e da storie contributive molto più ‘brevi’di quelle lavorative.
Le generazioni nate dagli Anni ’40 alla metà degli Anni ‘50, invece, sul fronte previdenziale hanno continuato a fruire del sistema ‘retributivo’, sul fronte economico hanno percepito, mediamente, retribuzioni migliori e, conseguentemente, versato contributi di importo maggiore.
Le loro pensioni sono state così decisamente più consistenti rispetto a quelle delle generazioni precedenti. A fronte di questo miglioramento economico si pongono però i mutamenti che hanno riguardato, e che stanno riguardando, i nati a partire dalla seconda metà degli anni ’50, ossia i ‘nuovi’anziani.
I sessantenni di oggi sono, per l'autrice, una sorta di generazione di transizione, anche perché sono coinvolti in mutamenti "problematici" ora in corso che riguardano sia l’aumentata precarietà occupazionale degli ultimi anni che la transizione in atto nel sistema pensionistico. Tali mutamenti investiranno ancora di più i nati a partire dagli Anni '60 che, in molti casi, saranno sottoposti a regimi meno tutelati a livello contrattuale e previdenziale.
Questo per ciò che concerne le condizioni socio-economiche, ma anche le diverse storie familiari hanno inciso sul livello di protezione sociale delle generazioni che si sono susseguite. I nati negli anni ‘30 e ’40 hanno avuto, di norma, più fratelli/sorelle (almeno quattro per il 45% dei nati negli anni ‘30, per il 35% dei nati negli anni’40) rispetto ai nati negli anni ’50 e 60. Questi ultimi, a loro volta, hanno avuto meno figli rispetto a chi li ha preceduti e nel frattempo è aumentato il numero dei 55-64enni che sono nubili/celibi o separati divorziati. Tutto ciò ha avuto e avrà effetti sulle concrete condizioni di vita di questi soggetti, specie nelle fasi più avanzate.
L’insieme dei mutamenti descritti non potrà non avere, nei prossimi decenni, ripercussioni rilevanti in termini di minori capacità dei soggetti e delle famiglie di affrontare i problemi legati all’invecchiamento. In particolare, quelli che ora sono giovani anziani o ‘quasi’ anziani, ma che in futuro diventeranno, a loro volta, ‘anziani' e ‘grandi anziani’ e inevitabilmente, avranno un minor supporto per i rischi connessi alla perdita di autonomia. Questo rende ancora più grave il fatto che in Italia sia mancato lo sviluppo di serie politiche di prevenzione degli aspetti più problematici dell’invecchiamento e a sostegno della non autosufficienza.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)