La Relazione 2020 sul consumo di alcol e sugli interventi realizzati nel 2018 è un’occasione per riflettere su una fascia di popolazione vulnerabile.
In Italia, nel periodo antecedente la pandemia di COVID-19, l’alcol era uno tra i più temibili fattori di rischio e di malattia per circa 8 milioni e mezzo di consumatori definiti a rischio, tra cui oltre 2 milioni e settecentomila anziani, oltre 4 milioni di binge drinkers e circa 600.000 consumatori con diagnosi di alcoldipendenza “in need for treatment”.
Una situazione che i dati preliminari sul 2020 suggeriscono essere peggiorata durante i mesi di lockdown e smart working. Meno del 10% delle persone "in need for treatment" sono curati nelle strutture del SSN, che fallisce nella cura e riabilitazione del 90% di quanti hanno necessità di un intervento non accessibile.
Questo sottolinea la necessita di una profonda riorganizzazione funzionale e strutturale delle reti curanti che hanno il compito di evitare una evidente disuguaglianza; nei fatti la dipendenza da l’alcol resta la malattia mentale meno trattata al mondo.
La gestione dei Servizi di alcologia è oggi una competenza regionale per cui non vi è omogeneità territoriale. Nella maggior parte dei casi i Servizi di alcologia si trovano all’interno dei Dipartimenti per le Dipendenze. Tuttavia in alcune realtà regionali sono collocati nei Dipartimenti di Salute Mentale.
Inoltre, i Servizi Alcologici e i Gruppi di Lavoro per l’alcoldipendenza sono inseriti nei Servizi Territoriali per le Dipendenze (Ser.D) insieme ad altre forme di dipendenza (tossicodipendenza, dipendenza da gioco d’azzardo), spesso con personale non esclusivamente dedicato ai pazienti con disturbi da uso di alcol. In pochi altri casi invece i Servizi di alcologia si trovano collocati in Strutture Ospedaliere o Universitarie.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)