Uno stereotipo è una semplificazione che può diventare rischiosa perché diviene anticamera del pregiudizio, che a sua volta sta alla base delle discriminazioni. Quando uno stereotipo prende piede all’interno di una certa comunità, questa vi si conforma, rendendolo non solo socialmente accettato, ma addirittura trasformandolo in una norma sociale. È questo il più grande pericolo che una stereotipizzazione di un certo gruppo di popolazione, determinato da criteri anagrafici o di altra natura, può portare. Esistono numerosi stereotipi sulle persone anziane, e molti di questi sono diffusi anche tra gli anziani stessi. Non esiste un ‘anziano tipico’, anzi le differenze tra le persone e la loro eterogeneità non si riducono con l’avanzare degli anni, semmai aumentano. Quindi un falso stereotipo anagrafico consiste nel considerare un ampio gruppo di popolazione come omogeneo.
Cosciente di questo l’ATTE (Associazione Ticinese della Terza Età) ha collaborato a uno studio scientifico partecipativo svolto dall’Istituto di salute pubblica (IPH) dell’Università della Svizzera italiana. Per comprendere meglio la tematica dello stereotipo e della stigmatizzazione dell’anziano, IPH e ATTE hanno prodotto un questionario composto da 13 affermazioni sugli anziani sulle quali centinaia di partecipanti hanno espresso, in modo anonimo, il loro grado di accordo su una scala a 5 punti. Le 13 affermazioni sono il risultato di un continuo dialogo tra i due promotori dello studio, in cui ricercatori e parte dei destinatari del questionario si sono confrontati e hanno collaborato per decidere insieme quali affermazioni stereotipiche indagare nel contesto ticinese. Il questionario è stato compilato da 853 persone, di cui il 63% erano donne e la maggioranza (87%) aveva più di 65 anni di età.
Il 39% di coloro che hanno risposto al sondaggio ritiene fondato lo stereotipo secondo il quale le persone anziane sono ripetitive, circa il 26% concorda che gli anziani siano dipendenti affettivamente. È interessante notare che solo il 18% e il 33% si dichiara in disaccordo rispetto ai due stereotipi sopra menzionati. Molti si dicono “indecisi”. E infatti, per ben cinque stereotipi identificati dai ricercatori dell’IPH in collaborazione con ATTE, regna un alto tasso di incertezza. Tra questi, le affermazioni che sostengono che le persone anziane “hanno una mentalità chiusa”, “sono scorbutiche”, “non sono in grado di usare le nuove tecnologie”, “sono dipendenti nello svolgimento delle attività quotidiane” e “sono isolate”.
Tra il 36% e il 45% si dichiara indeciso sulla fondatezza di questi stereotipi. Le restanti affermazioni ([le persone anziane] “sono inutili per la società”, “sono tutte uguali”, “sono incapaci di comprendere cose complesse”, “si comportano come i bambini”, “hanno una comprensione simile a quella dei bambini”, “sono passive nei confronti degli avvenimenti della vita”) sono fortemente contrastate dai partecipanti con percentuali di disaccordo che variano dal 60% al 90%. Esiste quindi un conseguente rischio che gli anziani siano stigmatizzati, e potenzialmente discriminati solo in base all’età anagrafica. Il processo che descrive questi passaggi è detto ageismo (inglesismo derivante da age, cioè “età”). L’ageismo è spesso sottovalutato, e addirittura accettato proprio perché basato su convinzioni che paiono socialmente condivise, o anche solo non del tutto rifiutate e contrastate.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)