Uno studio recente ha dimostrato che attaccare chirurgicamente topi vecchi a topi giovani per scambiare il loro sangue ha prodotto effetti ringiovanenti sul cervello, sul fegato e sui muscoli degli individui più vecchi. Una volta staccati, i ricercatori hanno verificato che questi hanno mostrato capacità fisiologiche migliorate e hanno vissuto il 10 per cento in più. L’effetto persisteva anche dopo due mesi di distacco.
Tre studi pubblicati su Nature, Nature Aging e Nature Communications identificano come elisir di giovinezza il fattore piastrinico 4 (PF4) – capace di rinvigorire il sistema immunitario e di ridurre i fattori dell’invecchiamento – cosa che chiama anche in causa il fatto che i topi giovani hanno livelli più elevati di questa molecola nel sangue rispetto ai topi più anziani. Occorrerà aspettare che le aziende biotecnologiche arrivino a trasformare queste scoperte in terapie che promuovano la rigenerazione e un invecchiamento sano.
Ma, intanto, c’è una strada già tracciata, quella degli stili di vita. Ne ha misurato gli effetti uno studio cinese pubblicato online da BMJ dal titolo “Sei abitudini di vita sane legate al declino della memoria”. L’indagine ha coinvolto più di 29 mila persone senza demenza (età media 72 anni), seguite per dieci anni, con test cognitivi e controllo delle loro abitudini di vita.
I partecipanti hanno riferito del grado di disciplina nell’attenersi a sei sane abitudini di vita (una dieta equilibrata, esercizio fisico, niente fumo e niente alcolici, forti legami e rapporti sociali, impegno in attività che stimolano il cervello). Alla fine dello studio, le persone che hanno aderito ad almeno quattro abitudini sane hanno mostrato un declino della memoria significativamente più lento rispetto a quelle che non lo avevano fatto. E questo valeva anche per le persone con geni correlati all’Alzheimer.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)