C’è un tratto che tutti i «giovani dentro» condividono e che accomuna anche i centenari, l’ottimismo. Pensare positivo è uno dei fattori più importanti emersi dagli studi sull’effetto dell’età psicologica soggettiva sulla salute: gli ottimisti vivono più a lungo dei pessimisti e si ammalano pure di meno. Perché come spiega la psicologa clinica Maria Catena Quattropani, direttore scientifico del Centro di Ricerca e di Intervento Psicologico dell’Università di Messina, «la mente e il corpo non sono elementi distinti: i processi biologici che avvengono nel cervello portano alla sintesi di innumerevoli molecole, ormoni, trasmettitori con inevitabili ripercussioni sul fisico, sulle condizioni di salute generale e sui fattori di rischio».
C’è un tratto che tutti i «giovani dentro» condividono e che accomuna anche i centenari, l’ottimismo. «Il legame fra umore, stress e sistema immunitario è molto stretto», conferma Enrico Zanalda, presidente della Società Italiana di Psichiatria. «L’ottimista reagisce meglio agli stress (anche i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, sono inferiori in chi è ottimista, ndr), ha meno disturbi psicosomatici e un equilibrio neuroendocrino migliore, che si riflette su un sistema immunitario più efficiente».
Grazie agli effetti benefici su infiammazione e immunità, l’ottimismo ha conseguenze non trascurabili su innumerevoli altri fattori di salute: le ricerche di Kuzbansky, per esempio, hanno chiarito che mantiene più nella norma i livelli ematici di insulina e glucosio ed evita la comparsa di insulino-resistenza, migliorando così il profilo metabolico e riducendo la probabilità di diabete e obesità. Colesterolo e trigliceridi si abbassano, così come la pressione arteriosa, la variabilità del ritmo cardiaco diminuisce e la funzionalità respiratoria migliora.
Il risultato è una diminuzione complessiva del 30% di malattie cardiovascolari, dall’infarto all’ipertensione, mentre gli eventuali ictus in una persona ottimista sono meno gravi e lasciano una disabilità residua inferiore, stando a dati presentati all’International Stroke Conference del 2020.
(Sintesi redatta da: Righi Enos)