La pandemia assegnerà un’importanza molto maggiore ai servizi domiciliari, negli anni servizi diventati di nicchia, molto “sanitarizzati”, inadeguati per intensità e durata. Assegnerà rilevanza alla cosiddetta “città dei 15 minuti”, agli spazi all’aperto, a quei luoghi che hanno saputo offrire tempi protetti di relazione, quelle “bolle di socialità” che hanno resistito per più di un anno, grazie ad alleanze di scopo sorte sul territorio. Nella pandemia si sono attivate tante esperienze di collaborazione tra formale e informale, all’insegna del mutualismo tra abitanti, che andrebbero salvaguardate, fatte crescere, a che rischiano invece di esaurirsi.
La pandemia ha reso prioritaria una sanità di iniziativa, che si può realizzare attraverso le “Case della Comunità”, su cui investe il PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Esperienze che devono diventare davvero punti integrati di accesso, ma prima ancora di informazione e di guida per i cittadini, su ciò che il territorio offre. L’esperienza dice che i modelli preconfezionati non funzionano e che è cruciale una governance che crei convergenza di intenti (e di risorse) tra Regioni/Asl, Comuni e terzo settore. Le strutture residenziali, dopo la strage avvenuta, dovranno ripensarsi verso più direzioni: da un lato verso strutture specialistiche ad alta intensità assistenziale, con una netta valorizzazione del personale, che ne fermi l’emorragia, dall’altro verso unità più leggere, di dimensioni più ridotte e più aperte al territorio, in osmosi con il contesto in cui sono collocate.
Serve un nuovo sguardo, il passaggio da una centratura sui “servizi” – per le famiglie, per le persone con disabilità, per gli anziani e così via – ad una sulle attività della vita quotidiana: abitare, prendersi cura, lavorare, educare. I servizi non più come i soggetti delegati a fornire risposte, ma attori fra gli altri: attivatori di risorse, relazioni, connessioni. Da questo punto di vista sono molte le attese sul welfare digitale e la telemedicina, un campo vasto di tecnologie volte a sostenere a distanza le fragilità. Con due funzioni: da un lato quella di rendere più efficienti i processi di aiuto e assistenza già in essere; dall’altro quello di sostenere, arrivando quasi a “sostituire”, l’assistenza possibile. Mantenendo sempre un occhio al digital devide per ridurrele inevitabili iniquità di accesso.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)