Guai a dormire troppo poco, ma guai anche a dormire troppo: ne va delle capacità cognitive che cominciano a declinare, c’è una "giusta" durata del sonno che protegge le facoltà cognitive, anche da anziani. Lo conferma una ricerca condotta alla Washington University School of Medicine e puntata sugli anziani: poiché un cattivo sonno e l’Alzheimer comportano ambedue un declino mentale, a volte distinguere tra l’uno e l’altro come causa non è facile.
L’Alzehimer è la maggior causa di perdite mentali nelle persone più anziane, contribuendo nel 70% dei casi di demenza. Il sonno “cattivo” è un sintomo comune di questa malattia e una forza che lo spinge ad accelerare. Per distinguere gli effetti del sonno e gli effetti dell’Alzheimer alla Washington University hanno arruolato 100 volontari sui 75 anni seguiti poi, nelle loro capacità mentali, per una media di 4 anni e mezzo. "È stato particolarmente interessante vedere che non solo quanti dormono poco, ma anche i “dormiglioni” avevano il maggior declino cognitivo – ha affermato David Holtzman,professore di neurologia–. Sembra di capire che sia la qualità del sonno la vera chiave, e non la quantità".
"Chiedere ai pazienti come dormono è una domanda fondamentale – ha concordato il professor Liborio Parrino, primario di Neurologia nell’Azienda ospedaliera universitaria di Parma e già direttore del Centro di medicina del sonno -. Negli ultimi 12 anni tutti i lavori confermano che se il sonno è troppo breve o troppo lungo è dannoso. Aumenta il peso, crescono i problemi cardiovascolari e le prestazioni cognitive possono deteriorarsi. Le proteine amiloide e tau si accumulano con l’Alzheimer, ora il sonno per il nostro organismo fa da spazzino, liberandosi di questi metaboliti. Ecco un’altra funzione ora chiara del sonno: fare il “netturbino” come lo fanno per strada, di notte, i netturbini veri. A dormir poco o male, poi, non si ha voglia di far niente, non si ricordano le cose, si è arrabbiati. Non è un bel vivere».
(Sintesi redatta da: Righi Enos)