La terza Giornata Mondiale dei nonni e degli anziani, voluta dal Papa ha un titolo significativo: “Di generazione in generazione la sua misericordia”. La bontà del disegno di Dio si manifesta a ogni generazione e di generazione in generazione si trasmette. Per questo Francesco richiama sovente la ricchezza insita nell’incontro tra i giovani e gli anziani. È un richiamo decisivo per il futuro delle nostre società che invecchiano e, spesso, lasciano soli i vecchi. Che in Italia sono quattordici milioni di persone con più di 65 anni, nove dei quali vivono da soli o in coppia.
A molti di loro la società non riesce a fornire risposte adeguate. Gli investimenti sociali e umani sono scarsi e il rischio di trascorrere gli ultimi anni della vita lontano da casa, nella solitudine amara degli istituti, è alto. Nel contesto contemporaneo la vita lunga non sempre è una benedizione, mentre nel passato la lunga esperienza di vita rappresentava un grande valore. Gli anziani erano considerati saggi. Oggi si pensa che siano altre le età della vita da valorizzare, e la domanda su come ricomprendere e riaffermare il valore della vecchiaia costituisce una delle grandi questioni umane e sociali della contemporaneità.
Una riprova di questa necessità sembra provenire anche da contesti più lontani, come il continente africano, dove per molte generazioni si è ritenuto l’anziano il depositario della saggezza e della storia della comunità, elemento indispensabile di equilibrio e di garanzia: «Quando un vecchio muore, è una biblioteca che brucia», si diceva. Oggi tale consapevolezza sembra offuscata. Nelle metropoli, così come nei villaggi, gli anziani, sempre più numerosi nonostante le carenze dei sistemi previdenziali e sanitari di quei Paesi, cominciano a essere considerati estranei, stranieri, addirittura pericolosi.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)