Natalia Aspesi racconta la sua quarantena da ultranovantenne con il consueto spirito e arguzia. Denuncia una visione della vecchiaia in cui l'interesse mediatico per l'anziano è sempre guidato da un discorso pietistico. Viene utilizzato per muovere a compassione, non come soggetto sociale. Anche nella pandemia odierna, in cui tutti i media si interessano e raccontano gli anziani che combattono o soccombono contro il Coronavirus, il loro valore è sempre legato a ciò che provocano negli altri.
La morte dell'anziano non è importante per se stessa, ma per il dolore che lascia nei suoi congiunti. Leggere chi va scelto di salvare tra un giovane ed un anziano, per quanto logico, non aiuta psicologicamente chi è parte della categoria dei perdenti. L'Aspesi ricorda invece il diritto alla dignità degli anziani, a non dover essere utilizzati per muovere la commozione e l'indignazione di chi, magari, li ha abbandonati in quelle Rsa dove ora rischiano la morte. Una lettura spietata e realistica della vecchiaia come di un momento di grande fragilità, che deve comunque essere vissuto con dignità.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)