Enzo Bianchi, fondatore della comunità di Bose, osserva che oggi la vecchiaia non è solo un dato biologico ma una stagione resa più pesante da ragioni culturali.
I vecchi sono improduttivi e perciò percepiti come di scarsa rilevanza sociale.
Erri De Luca,classe 1950, durante l’ultimo Salone del Libro di Torino, si esprime a favore di un ridimensionamento del peso politico degli anziani in questi termini: “La nuova generazione nata dopo la Guerra si è trovata inserita in uno spazio comune. Tra poco avremo le elezioni europee: perché il mio voto dovrebbe contare come quello di un giovane nato in questo spazio? Il destino dell’Europa appartiene a loro, proseguiranno verso una migliore integrazione e unione”.
Va oltre Beppe Grillo 72 anni, che propende per la soppressione del diritto di voto: ”L’idea nasce dal presupposto che una volta raggiunta una certa età, i cittadini saranno meno preoccupati del futuro sociali, politico ed economico, rispetto alle nuove generazioni. I loro voti dovrebbero essere eliminati per garantire che il futuro sia modellato da chi ha un reale interesse nel veder realizzato il proprio disegno sociale”.
Tutte parole in aperto contrasto con l’articolo 48 della Costituzione che afferma “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età”.
È infatti assurdo considerare improduttivi o anziani gli over 65.Non solo perché molti, addirittura ultraottantenni, sono attivissimi a partire dagli amministratori delegati di grandi società, ma anche perché il termine anagrafico dell’età pensionistica è fissato a 67 anni.
Considerare la macrocategoria degli improduttivi come gli ultrasessantacinquenni la ingigantisce, rendendo più accettabile la posizione di eugenetica sociale che ha la sua più deprecabile espressione in ambito sanitario, con l’assunto che le risorse non bastano per tutti e che quindi si deve scegliere chi lasciare senza diritti, chi curare e chi no, come accaduto nel corso dell’emergenza sanitari.
I 15 punti di “etica clinica” diffusi dalla Siaarti (Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva) per l’ammissione ai trattamenti e per la loro sospensione, peraltro non riguardano una sola classe di età. Ma una scelta sostenuta su persone deboli e malate.
Solo nei punti 3 e 4 si fa riferimento all’età, precisando che le scelte riguardano “ chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza”. La Costituzione, dal canto suo, vieta di porre limiti all’accesso alle cure (art. 32).
I cittadini hanno il diritto di sapere se la gravità della crisi comporta di per sé un “affievolimento del diritto” – come affermano gli estensori del documento della Siaarti – sospendendo la validità universale del diritto alla salute.
Ma va sempre considerato che l’approccio utilitaristico adottato nella scelta dei criteri, prevede la piena disponibilità dell’essere umano.
In questa ottica la conclusione della vita produttiva coincide con la fine della vita biologica. Da qui la tendenza dei sistemi sanitari pubblici a lesinare le cure a chi produttivo non è più.
A ciò si aggiunga l’egemonia nel pubblico del pensiero economico, che ha portato a tagli del personale e al mancato rinnovo di contratti e di assunzioni.
In queste condizioni è naturale che il sistema sanitario non sia stato in grado di reggere l’urto.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)