L’Inps nel rapporto World Wide ci rivela che, nel 2014, gli anziani che hanno fatto le valigie e hanno preso residenza fiscale all’estero sono stati 5.345, il 65% in più rispetto all’anno precedente. Dal 2010 gli “expat” con i capelli grigi costituiscono un esercito di emigrati sempre più folto, composto oggi da oltre 16 mila persone. Per loro non ci sono le mete esotiche dei paradisi fiscali dei milionari, quelle svelate dai Panama Papers, ma paesi europei, come Portogallo e Spagna, oppure dirimpettai extra Ue oltre il mediterraneo come la Tunisia e il Marocco.
Le regole per l’immigrato over 65 sono semplici: risiedere almeno 183 giorni nel nuovo paese e non avere né domicilio né dimora in Italia per metà dell’anno. E il fisco di riferimento diventa quello del paese dove ci si è appena trasferiti. Le nazioni che hanno un basso costo della vita rispetto a Italia, Francia e Germania stanno facendo a gara per attirare pensionati e con essi i loro consumi e investimenti immobiliari. Tra questi spicca il Portogallo che ha appena approvato un piano di dieci anni esentasse per gli over65.
A caccia delle Cayman della terza età sono soprattutto italiani, francesi e inglesi. Anche se i pensionati italiani, secondo uno studio di Confesercenti, sono i più tartassati in Europa. In media l’aliquota nazionale viaggia intorno al 20,7% contro il 9,5% in Spagna, il 7% nel Regno Unito, il 5,2% in Francia, lo 0,2% in Germania. Attraversare il confine e prendere residenza fiscale per un ex lavoratore italiano significa recuperare anche oltre il 30% dell’assegno previdenziale lordo che, aggiunto al basso costo della vita può incrementare anche del 50% il suo potere d’acquisto. Che il fenomeno dell’emigrazione della terza età stia prendendo consistenza lo dimostrano le agenzie che sono nate negli ultimi anni per accompagnare i pensionati verso la nuova residenza fiscale. Il problema dell’emigrazione della terza età comincia a preoccupare l’Inps, tanto che il presidente dell’istituto di previdenza Tito Boeri ha ipotizzato un taglio alle pensioni erogate all’estero, in quanto «l’Italia è uno dei pochi paesi a riconoscere la portabilità extra Ue della parte non contributiva delle pensioni». Tradotto: per maggiorazioni sociali e integrazioni minime l’Italia spende 200 milioni di euro l’anno su circa 1 miliardo di retribuzioni pagate all’estero, quindi lo stato si fa carico di costi per l’assistenza di cui poi non si fa uso. Per l’Italia la fuga degli over 65 è una novità, ma per gli altri paesi avanzati è diventata quasi una prassi. In Gran Bretagna, il fenomeno dei pensionati espatriati coinvolge quasi un milione di persone. In Spagna ci sono 380 mila residenti inglesi, in Francia 172 mila.
(Sintesi redatta da: Antonella Carrino)