In Italia l’assistenza domiciliare integrata (Adi) mostra un panorama molto variegato e disomogeneo. Solo 2,7% degli over65 italiani gode del servizio per circa 20 ore all’anno, pochi se si calcola che solo 370mila anziani o malati cronici, su 3 milioni, sono assistiti in casa. Questo panorama emerge dai dati del ministero della Salute e dall’indagine svolta da Italia Longeva, sull’invecchiamento attivo, su 12 Asl in 11 regioni. Ci sono però anche buone notizie. Salerno e Catania sono le uniche Asl ad erogare tutte e 31 le attività a domicilio, seguite dalla Brianza e da Milano. Molte le differenze rilevate nelle ore dedicate si va dalle oltre 40 ore di Potenza alle 9 di Torino o il contributo dei privati nell’Adi, 97% a Milano e 0% ad esempio a Reggio Emilia e nella provincia di Bolzano. In controtendenza la Basilicata, una delle poche regioni che attua un modello unico di Adi per i 67000 utenti all’anno seguiti, di cui il 6% ultrasessantacinquenni che doppia la media nazionale. Grazie ad una partnership pubblico-privata dove la Asl gestisce il percorso ex ante e gli esiti dell’assistenza, e valuta la qualità delle prestazioni della cooperativa che effettua l’Adi. A livello nazionale dice il presidente Osa e Federsanità confcooperative Giuseppe Milanese, serve: “una regia nazionale con regole legate ai processi di accreditamento, costruire reti territoriali, definizione dei ruoli tra pubblico e privato, rigore nella misurazione”.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)