Uno studio condotto da un gruppo di demografi dell’università australiana di Macquarie e pubblicato sulla rivista di settore Population Studies, ha indagato quanto potrebbe costare ai governi di 14 Paesi sviluppati il fatto che si vive di più, cercando di quantificare e formulare previsioni sull’impatto economico della longevità. L’analisi si è concentrata su quello che viene definito il tasso di supporto potenziale, vale a dire il numero di individui tra 15 e 64 anni per ciascuna persona con più di 65 anni. Tra le nazioni prese in esame c’è anche l’Italia, che con uno dei tassi di fertilità più bassi al mondo, potrebbe sperimentare maggiormente un abbassamento della qualità della vita. Nel nostro Paese nel 2050 avremo un rapporto di 1,5 persone attive per ogni persona non attiva. Nel 2000 era pari a 3,7. Occorre quindi comprendere come bisognerebbe modificare questo numero per mantenere in buona salute l’economia. I ricercatori non hanno dubbi nel ritenere che una soluzione consista nell’aumento dell’età pensionabile e anche nel mantenere un tasso netto di immigrazione positivo. Questa indicazione è particolarmente appropriata per Paesi con tassi di fertilità molto bassi. In generale, gli autori prospettano un futuro in cui dovrebbero lavorare più persone e per periodi di tempo più lunghi rispetto a quelli attuali. Se inoltre si considera che la componente femminile impiegata professionalmente è minore rispetto a quella maschile, è ancora più difficile per Paesi con poche nascite rispondere alle sfide del tasso di supporto incostante diminuzione.
(Fonte: tratto dall'articolo)