In Russia, l’annuncio della riforma delle pensioni, secondo i sondaggi Fom, ha fatto precipitare in pochi giorni il consenso verso Putin dal 78 al 64%. E’ previsto l’innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni per gli uomini e 63 per le donne ( dagli attuali 60 e 55). In un Paese in cui l’aspettativa di vita, nel 2016 era di 66 anni e mezzo, e in cui, per la Banca mondiale, il 35% degli uomini non supera i 60 anni e 43% non arriva ai 65 anni, si prevede che, in ben 47 delle 83 regioni della Federazione, gli uomini non vivrebbero abbastanza a lungo da arrivare alla pensione. I russi oggi smettono di lavorare prima di ogni altro lavoratore d’Europa. I 36 milioni di pensionati attuali prendono una media di 170 euro al mese. La riforma che Putin sta approvando prevede un innalzamento graduale, di sei mesi ogni anno, in modo da arrivare al tetto stabilito nel 2034. Un piano che sarebbe supportato dalle previsioni demografiche. L’aspettativa di vita, dovrebbe, sempre secondo le tesi del Governo, arrivare, entro il 2025, a 76 anni. Se non si facesse nulla, nel 2035 i pensionati russi sarebbero 42 milioni. Il fondo pensioni costa già oggi il 2,5% del Pil e accumula un deficit 30 miliardi di euro l’anno. A manifestare dissenso verso la riforma non sono stati finora solo comuni cittadini. Boris Kravchenko, ac apo del secondo più grande sindacato russo, la Confederazione del lavoro, ha detto che «Con la riforma, la maggioranza degli uomini russi non vedrà la pensione». Il sindacato ha organizzato una petizione contro la nuova legge, che ha già raccolto più di due milioni di firme. Le manifestazioni di questi giorni sembra stiano mitigando le intenzioni del Governo che lascia intendere di voler modificare la proposta; nel frattempo, attua la politica della “carota” promettendo di aumentare le pensioni, dal 2019, di circa 12 euro al mese.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)