Eugenio Borgna offre al lettore un inventario «dei molti volti possibili della solitudine», ovvero dei modi, degli spazi, dei contesti in cui essa si manifesta. Scorrono la solitudine degli anziani, delle case di riposo, dei bambini e degli adolescenti, dello psichiatra che nella solitudine riconosce e accompagna «il valore della sofferenza psichica», e ancora dei monaci e delle monache, delle poetesse e dei poeti, e poi della malattia che precisamente nella solitudine trova il suo «cuore», e infine della morte, «ultima solitudine».
Di volto in volto, di contesto in contesto, l’autore ci presenta «solitudini rapsodiche e struggenti, dolorose e nostalgiche, friabili e impenetrabili, creatrici e raggelanti, autistiche e dialogiche, aperte e chiuse alla speranza», fino alla solitudine «Artefice dell’anima» di cui al monito di Emily Dickinson: «Non si osi sondarla».
Sono tutte solitudini importanti, cruciali, perché rivelatrici di diverse «relazioni con il mondo della vita», perché tappe «verso la conoscenza della nostra interiorità, delle emozioni e dei pensieri che ne fanno parte», in un viaggio che è possibile «solo se la solitudine non ci è estranea». In quel viaggio «faticoso e doloroso» progrediamo non soltanto quando riusciamo a cercare dentro di noi, ma anche quando riconosciamo e rispettiamo la malinconia, la timidezza altrui, e «la solitudine che è negli altri, negli adolescenti in particolare».
(Fonte: Corriere della Sera, 25 giugno 2021)