Il nostro è il secondo Paese al mondo per numero di anziani, cosa che spiega in gran parte il motivo per cui il coronavirus in Italia ha mietuto 2.978 vittime al 18 marzo, che rappresentano un terzo di tutti i decessi nel mondo. Inoltre i dati più recenti suggeriscono che, come anche in Spagna, i morti crescono più di quanto avvenuto in Cina.
Già avviene anche per com'è l'organizzazione sociale nel nostro paese, dove c'è una forte relazionalità tra le generazioni, per cui la maggiore propensione ai contatti sociali dei Paesi Latini, unita ai sempre frequenti contatti tra genitori, figli, nonni, nipoti, può aver facilitato il passaggio del virus. Questi sono i risultati di uno studio dell’Università di Oxford, che hanno analizzato l’impatto della demografia sui differenziali di mortalità da Covid-19 nei vari Paesi.
Spiegano i ricercatori: «L’ Italia ha una delle popolazioni più vecchie al mondo, con il 23,3% della popolazione sopra i 65 anni, rispetto al 12% della Cina. Questa caratteristica spiega come mai Paesi come l’Italia sono particolarmente vulnerabili, nonostante i primi focolai si siano avuti in zone ricche e con buone condizioni di salute della popolazione». A ciò si deve aggiungere appunto il fatto che ci frequentiamo molto tra le generazioni. Infatti i focolai italiani sono soprattutto in città di provincia, dove i legami familiari sono più forti.
La struttura per età di un Paese applicata all’epidemia di Covid-19 sembra quindi associare una maggiore mortalità e un maggior numero di casi critici dove ci sono più anziani.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)