La demografia può cambiare gli equilibri economici globali: rischiano il declino Europa e Cina, a causa dell’invecchiamento della popolazione. Sono destinate ad avanzare invece India e Africa, spinte dalla forza di una popolazione giovane e pronta al lavoro. La popolazione invecchia e la forza lavoro non cresce o comincia a ridursi, una tendenza che ha quale probabile conseguenza il rallentamento della crescita economica. I giovani sono portatori di innovazione e cambiamento, secondo quanto afferma Giovanni Peri, docente di Economia e direttore del Global Migration Center alla University of California.
Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, entro il 2050, le persone di età superiore a 65 anni costituiranno quasi il 40% della popolazione in alcune parti dell’Europa e dell’Asia orientale. Il Giappone ha preceduto tutti, ma lo stesso inesorabile destino toccherà presto a gran parte dell’Europa, Italia inclusa, e poi alla Corea del Sud, alla Gran Bretagna, per proseguire con l’Europa dell’Est e la Cina: un numero mai registrato in precedenza di persone in pensione dipenderà dal sostegno di un numero sempre più ridotto di persone ancora in età lavorativa.
Gli stessi esperti dell’Onu prevedono che gli standard di vita e molte conquiste del welfare che nei Paesi a reddito più elevato vengono ormai date per acquisite - pensioni, età pensionabile, sanità - dovranno essere riviste per diventare sostenibili. Così come andranno ripensate le politiche sui migranti. L’invecchiamento, la prova del progresso dell’umanità si trasforma in una zavorra per le economie avanzate di oggi, che perderanno inevitabilmente peso nel Pil globale.
Mentre, l’aumento della popolazione attiva può aprire grandi opportunità per i Paesi a basso reddito: l’India, il Sud-Est asiatico, parte dell’Africa e del Medio Oriente potrebbero riuscire a cogliere il dividendo demografico che viene dai giovani, o meglio dalla quota elevata di persone al lavoro rispetto ai pensionati a carico.
I Paesi dell’Asia orientale che hanno sfruttato la leva demografica negli ultimi decenni disponevano di istituzioni e politiche particolarmente valide, ma se la demografia è la materia prima, il dividendo è l’interazione tra materia prima e politiche lungimiranti, infatti molte parti del mondo, come l’America Latina, pur avendo una composizione della popolazione simile all’Asia orientale, non hanno visto neanche lontanamente la stessa crescita. A questo si aggiungono, in Africa ma non solo, problemi mai superati legati a corruzione, instabilità e guerre.
Lo sviluppo di un’economia dipende inoltre dal capitale di partenza, dalle capacità di creare innovazione e tecnologia, dalle infrastrutture, dai collegamenti con i mercati globali. Se preoccupa la quota di anziani da gestire in Giappone, Corea del Sud e Singapore o anche in Italia, che hanno livelli di reddito relativamente alti, altri Paesi come la Cina, il Vietnam sembrano avere iniziato un rischioso processo di invecchiamento senza avere prima raggiunto un benessere diffuso.
Gli Stati Uniti e l’Australia potrebbero scampare al declino sfruttando i tassi di natalità leggermente più alti rispetto all’Europa e soprattutto una maggiore capacità di accogliere e integrare nuovi migranti: sia negli Stati Uniti che in Australia, si prevede che poco meno del 24% della popolazione avrà 65 anni o più anni nel 2050, una percentuale molto più alta di oggi, ma inferiore a quella della maggior parte dei Paesi europei e dell’Asia orientale, che sarà del 30%.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)