I farmaci in sperimentazione contro l’Alzheimer hanno dimostrato efficacia solo nelle fasi molto iniziali (prodromiche) della malattia. Si rischia quindi di avere farmaci tra una decina d’anni e non sapere come usarli, considerati anche i costi elevati e i possibili effetti collaterali, sui 700mila italiani considerati a rischio elevato di demenza. Per questo è si è dato avvio allo studio Interceptor che cerca di identificare quale sia il “marcatore” o l’insieme di “marcatori” con il miglior rapporto costo/beneficio, che consenta di arrivare ad una prognosi la più precisa possibile di evoluzione dei deficit cognitivi in Alzheimer. In cinque centri italiani saranno arruolati 400 pazienti con lievi deficit cognitivi, tra 50 e 85 anni, e si valuteranno 7 marcatori: test neuropsicologici, il dosaggio di proteine su campioni di liquor cefalorachidiano, la tomografia ad emissione di positroni (Pet), l’analisi genetica, la valutazione dell’elettroencefalogramma per connettività e la risonanza magnetica volumetrica. Alcuni campioni biologici prelevati dai pazienti saranno conservati in un biorepository (a -80° C), per essere utilizzati per altri eventuali test. Il monitoraggio durerà 3 anni e al termine sarà possibile concludere quale “spia” o combinazione di “spie” si è rivelata la più precisa nel predire l’evoluzione della malattia. Si potrà quindi effettuare uno screening su base nazionale della popolazione a rischio per ottimizzare la distribuzione dei nuovi farmaci.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)