Una rivoluzione silenziosa sta attraversando il welfare sociale. Riguarda una molteplicità di iniziative “dal basso” che cercano nuove strade per rispondere in modo diverso ai bisogni di benessere, qualità della vita, socialità. Nuove forme di azione collettiva e di mutualismo solidale prefigurano cambiamenti per il sistema dei servizi sociali e sanitari. Quest’ultimo si dimostra oggi in parte datato o palesemente in crisi. Sono in carico ai servizi sociali e sociosanitari di questo Paese non più del 20 per cento degli anziani non autosufficienti e d’altra parte i servizi di assistenza domiciliare dei Comuni sono troppo rigidi e inadeguati a rispondere ad una richiesta che si differenzia. Oltre ai modi tradizionali, occorre pensare a nuovi strumenti per costruire reti di aiuti attivanti le persone e le comunità locali. Si possono enucleare tre formule di intervento:
a) la sharing economy, con alcuni limiti posti dall’utilizzo di piattaforme digitali e dalla disintermediazione delle transazioni che vi si svolgono;
b) il volontariato puro, campo di attività molto più conosciuto e studiato che, in questo studio, è analizzato soprattutto nella formule che hanno una componente professionale;
c) la co-produzione dei servizi, intesa come processo di coinvolgimento dei cittadini nella produzione di servizi di welfare quindi come “produzione di servizi pubblici in una relazione eguale e reciproca tra professionisti, utenti, le loro famiglie e i loro vicini” (New Economics Foundation; Orlandini, Rago e Venturi, 2014).
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)