Negli ultimi decenni, in Italia, la crescita della popolazione anziana è stata fortissima. Da 4,6 milioni di persone over 65 nel 1960, pari al 9,3% del totale residente, si è passati a 7,4 milioni nel 1980 (13,1%) e poi a 10,3 milioni nel 2000 (18,1%). Nel 2009 gli over 65 sfioravano i 12 milioni, pari al 20,3%. Al 1° gennaio 2019, secondo gli ultimi dati disponibili, le persone con oltre 65 anni di età residenti nel nostro Paese ammontavano a 13,8 milioni, pari al 22,8% del totale. In un quarantennio l'Italia ha aggiunto circa 13 anni all'aspettativa di vita media delle persone ed oggi si supera la soglia degli 80 per gli uomini e quella di 85 per le donne. Le proiezioni demografiche prevedono che nell’arco di 25 anni, da qui al 2045, gli ultraottantenni diventeranno 3,6 milioni, e che, a quel punto, rappresenteranno il 6% della popolazione. Il Covid ha però determinato un abbassamento dei livelli di sopravvivenza.
L’aspettativa di vita in Italia è infatti scesa per tutti a 82 anni, cioè a un anno in meno rispetto al 2019. L’impatto della pandemia sugli anziani, in termini di ricoveri ospedalieri e di decessi, ha evidenziato alcuni punti interrogativi che l'invecchiamento della popolazione pone all'assistenza sanitaria, facendo suonare più di un campanello d’allarme. Mutato l'aspetto tradizionale della famiglia, sono molte le persone della terza età a restare sole, abbandonate o “parcheggiate” presso strutture sanitarie. Stando all'Istat, circa il 38% degli over 75 vive solo. Quasi il 40% non ha né parenti né amici su cui poter contare in caso di necessità, mentre il 12% può al massimo rivolgersi a un vicino di casa.
Da più parti si chiede un profondo cambiamento culturale, un approccio innovativo capace di stimolare politiche mirate e organiche, in grado di trasformare l'invecchiamento della popolazione da peso a risorsa per la società. In questa nuova prospettiva il ruolo centrale è offerto dal caregiver, una risorsa necessaria specie nella fase dell'invecchiamento passivo, dove il lavoro di cura e la gestione della complessa situazione sanitaria, familiare, sociale e burocratica dura sette giorni su sette, senza pause, per 4/6 ore al giorno di lavoro diretto e altre 10 di lavoro indiretto. Chi assiste diventa indispensabile per un anziano.
Per esempio, l'incontinenza urinaria (secondo il Libro Bianco pubblicato da Finco, Federazione Italiana Incontinenti) colpisce nell'Europa a 27 oltre 36 milioni di persone, di cui il 60% sono donne. In Italia a soffrirne sono in 5 milioni, ma gli interessati si vergognano di ammetterlo persino al medico di famiglia. Il ruolo dei caregiver è dunque strategico, perché può incidere sull’adattamento della persona alla sua nuova condizione di malattia, recuperando così una migliore qualità di vita.
Questo è ciò che si chiama “invecchiamento attivo”, già definito nel 2002 dall'OMS come "il processo di ottimizzazione delle opportunità di salute, partecipazione e sicurezza per migliorare la qualità della vita delle persone che invecchiano". Sulla stessa scia il Dipartimento per le Politiche della Famiglia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, per il quale l'invecchiamento attivo vuol dire attivarsi in uno o più ambiti della sfera sociale (lavoro, volontariato, relazioni, educazione permanente, assistenza a familiari con disabilità, fare i nonni, ecc.) e personale (tempo libero, hobby, turismo, giardinaggio, musica, ecc.), scegliendo le attività nelle quali impegnarsi, in base alle proprie aspirazioni e motivazioni.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)