Il grado e il tipo di danni che si accumulano nel tempo hanno una grande variabilità legata alla diversa genetica individuale e all’influenza dei fattori ambientali e comportamentali.
Questi danni si manifestano con un declino di funzionalità riscontrabile maggiormente a livello fisico, cognitivo, endocrino, fisiologico e immunitario e contribuiscono alle cosiddette fragilità nell’anziano.
Indipendentemente dal limite d’età stabilito, l’invecchiamento è accompagnato anche da cambiamenti fisiologici che hanno un impatto negativo sullo stato nutrizionale.
Questi cambiamenti includono un ridotto senso del gusto e della percezione dei sapori con conseguente riduzione dell’appetito, oppure una ridotta secrezione gastrica ed enzimatica con abbassamento dell’assorbimento ad esempio di ferro e vitamina B12.
Infatti, sebbene i fabbisogni energetici si riducano, quelli di nutrienti rimangono relativamente costanti con gli anni e il rischio di malnutrizione aumenta.Da tenere presente anche l’assunzione di farmaci, molto diffusa nella terza età, che possono avere delle interazioni coi cibi e modificare le necessità di taluni nutrienti.
Si ricorda che i processi di invecchiamento coinvolgono anche l’efficienza dell’attività degli enzimi e questo aspetto può risultare accentuato dalla minore assunzione e biodisponibilità di vitamine e minerali che svolgono funzioni di cofattori, cioè di supporto all’azione enzimatica.
La dieta monotona e poco ricca di pesce e di frutta e verdura determina ridotti apporti di acidi grassi essenziali. Questa carenza risulta accentuata dalla difficoltà nel trasformare i precursori omega-3 acido alfa-inolenico e omega-6 acido linoleico in acidi grassi a lunga catena quali EPA, DHA, GLA e acido arachidonico, che tenderanno con gli anni a diventare essenziali.
(Fonte: tratto dall'articolo)