È noto che ogni civiltà ha una sua propria maniera d'essere collettiva, un proprio sistema di significati, un proprio modo di dare forma e immagine al mondo. Più i modelli di riferimento sono idealizzati, più la società è esigente nei confronti di chi ad essi non si conforma. In passato, invecchiare ha comportato per le donne giudizi senza appello e fatto sperimentare il peso di carceri ideologiche e comportamentali dalle grate molto strette. Ma, anche oggi, il discorso cambia poco: sia perché il dettato dell'attualità, modulato sul mito di Faust e stretto fra la reificazione della vita e l'ossessiva cultura dell'immagine, non può che mostrarsi indifferente anche verso quelle espressioni di maturità e senilità femminili che hanno modificato il codice culturale del proprio sesso; sia perché non è stato ancora rimosso il tema culturale che, nel valutare gli uomini per ciò che fanno e le donne per come appaiono, penalizza inderogabilmente le seconde (e non solo sul piano del successo professionale). Questo saggio produce alcuni ingrandimenti sulla valutazione sociale della vecchiaia femminile, per verificare se, come e quanto il marcatore dell'età giochi (e abbia giocato nel tempo e nello spazio) il ruolo di primo attore sul piano dei pregiudizi, degli stereotipi, delle discriminazioni nei confronti del secondo sesso.
(Fonte: www.francoangeli.it)