Per invecchiare in salute l’OMS suggerisce ai governi di lavorare per aumentare le conoscenze e la consapevolezza della propria popolazione circa i cambiamenti legati all’età, siano essi psicologici e fisiologici. Suggerisce inoltre di promuovere lo sviluppo di programmi finalizzati alla salute e alla messa in pratica di tutti i comportamenti che possono aiutare a prevenire le malattie che con l’invecchiamento si acuiscono e si cronicizzano con l’identificazione e la messa in opera di interventi a carattere individuale, sociale e culturale basati su solide evidenze.
La demenza secondo i dati dell’OMS è la settima causa di morte al mondo, e i numeri sono in costante progressione. In Italia, si stima che il numero di persone che vivono con la demenza si attesti attorno al milione, di cui il 60% vive con malattia di Alzheimer e che circa 3 milioni di persone siano direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza delle persone con demenza. Un approccio biomedico alla malattia omette di evidenziare come la storia clinica della malattia sia in balìa di tutta una serie di fattori personali e sociali, che si sono dimostrati capaci di modulare la traiettoria del deterioramento cognitivo.
Con la demenza si può convivere per molti anni, e, come tutte le malattie, porta con sé difficoltà che si giocano sul piano personale e relazionale. In virtù della storia naturale della malattia, sono proprio questi piani a perdere consistenza con il passare del tempo. Data l’odierna disponibilità di terapie farmacologiche a efficacia limitata, negli ultimi anni si è lavorato per individuare gli interventi psicosociali, o anche detti non-farmacologici, che possono modulare il decorso della malattia, unitamente a opportuni cambiamenti dell’ambiente fisico e relazionale.
Tra gli interventi psicosociali: la stimolazione cognitiva fondata sul principio che prescrive di centrare sulla persona ogni offerta d’intervento in compagnia del caregiver. Un altro intervento psicosociale è la stimolazione sensoriale: la musicoterapia, la Stanza Snoezelen e l’aromaterapia. C’è poi un lavoro più allargato, ma sempre psicosociale, che i servizi territoriali sono chiamati a fare, è quello relativo agli interventi di inclusione e socializzazione promuovendo un modello di comunità amica alle persone con demenza. I sentimenti di solitudine non fanno che acuire la già precaria situazione: l’auspicabile utilizzo dei fondi del PNRR per costruire luoghi di servizio a bassa soglia, come i centri d’incontro, sono il primo passo per confermare ciò che indicano le evidenze, ovvero che si può vivere ancora bene nonostante la malattia.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)