L’età è tra i fattori di discriminazione più recenti tra quelli tutelati dal nostro ordinamento e dall’ordinamento dell’Unione europea. La sua introduzione si deve al Trattato di Amsterdam del 1997 e all’articolo 13 Tce (oggi articolo 19 TFUE), che ha conferito al Consiglio il potere di adottare i provvedimenti opportuni per combattere la discriminazione fondata su sesso, razza, origine etnica, religione, convinzioni personali, disabilità, età e tendenze sessuali.
Grazie a questa norma, è stata adottata la direttiva 2000/78/Ce del 27 novembre 2000 che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro, attuata nell’ordinamento italiano con il Dlgs 216 del 9 luglio 2003. Nel 2000, con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il divieto di discriminazione che include anche l’età è entrato a far parte dei principi fondamentali dell’ordinamento europeo.
Di fatto si esclude l’illegittimità delle disparità di trattamento fondate sull’età, quando siano giustificate dal perseguimento di obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, La Corte di Giustizia Ue si è espressa in diverse occasioni – e con esiti altalenanti – sul rapporto tra disparità di trattamento fondata sull’età e finalità occupazionali.
Tuttavia l’introduzione del divieto di discriminazione fondata sull’età ha avuto un indubbio impatto sull’assetto dei valori dell’ordinamento nazionale e sovranazionale: essere discriminati o molestati a causa dell’età costituisce lesione di un diritto fondamentale della persona a meno che non si persegua un obiettivo meritevole di tutela con mezzi appropriati e necessari.
(Sintesi redatta da: Lupini Lucio)