L’invecchiamento è l’incapacità delle cellule di riparare sé stesse che di conseguenza porta ad un progressivo accumulo di danni, con la comparsa di alcune malattie, soprattutto dopo i 60 anni. Nell’ultimo secolo però l’aspettativa di vita è raddoppiata e un bambino che nasce nei Paesi ricchi dovrebbe arrivare a 85 anni. Ma questa longevità è da poco tempo acquisita e l’evoluzione non ha avuto il tempo di agire su questa nuova parte della nostra vita. Per questo si cerca di intervenire sui meccanismi riparativi che vanno in tilt con l’età, per arrivare a bloccare il logoramento che danneggia anche i tessuti sani limitrofi alle cellule senescenti. Molte aziende biotecnologiche si stanno muovendo, e i farmaci anti-aging, chiamati senolitici, sono in via di sperimentazione. Il tentativo è di arrivare ad invecchiare bene, il termine tecnico è «compressione della morbilità», cioè posticipare il più possibile la comparsa dei disturbi cronici tipici dell’invecchiamento. Nel frattempo l’Europa ha investito 50 milioni in un progetto internazionale, con Roberto Bernabei, responsabile della geriatria del Policlinico Gemelli di Roma, come coordinatore. L’obiettivo di “Sprintt” è valutare l’efficacia di una sana alimentazione e dell’esercizio fisico negli anziani fragili. La fragilità è una condizione legata all’invecchiamento di ridotta resistenza allo stress. Così si è osservato che gli ultracentenari delle Blues zones del pianeta hanno in comune l’alimentazione e l’attività fisica, oltre al contesto affettivo e alla partecipazione sociale, e si è deciso di approfondire. Questo perché si deve investire nella “medicina d’iniziativa”, cioè quella che agisce prima della comparsa della malattia.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)