Il IX Rapporto del Censis sul Sistema Sanitario Italiano è stata condotta nel 2019 e nel 2020 su un campione nazionale di 10.000 cittadini maggiorenni statisticamente rappresentativo della popolazione. Anche alla luce dell’emergenza sanitaria ancora in corso, ne emerge una prospettiva di un Paese sempre più esposto in termini di sostenibilità, economica e sociale. Nell’indagine si sottolinea come "i forzati della sanità di tasca propria pagano a causa di un Servizio sanitario che non riesce più a erogare in tempi adeguati prestazioni incluse nei Lea e prescritte dai medici".
Il 62% di chi ha effettuato almeno una prestazione sanitaria nel sistema pubblico ne ha effettuata almeno un'altra nella sanità a pagamento. In 28 casi su 100 i cittadini, visto che i tempi d'attesa sono eccessivi o trovate le liste chiuse, hanno scelto di effettuare le prestazioni a pagamento. Transitano nella sanità a pagamento il 36,7% dei tentativi falliti di prenotare visite specialistiche e il 24,8% dei tentativi di prenotazione di accertamenti diagnostici.
I Lea, a cui si ha diritto sulla carta, in realtà sono in gran parte negati a causa delle difficoltà di accesso alla sanità pubblica. Nell'ultimo anno il 44% degli italiani si è rivolto direttamente al privato per ottenere almeno una prestazione sanitaria, senza nemmeno tentare di prenotare nel sistema pubblico. Lunghe o bloccate le liste d'attesa sono invalicabili. In media, 128 giorni d'attesa per una visita endocrinologica, 114 giorni per una diabetologica, 65 giorni per una oncologica, 58 giorni per una neurologica, 57 giorni per una gastroenterologica, 56 giorni per una visita oculistica. E nell'ultimo anno il 35,8% degli italiani non è riuscito a prenotare, almeno una volta, una prestazione nel sistema pubblico perché ha trovato le liste d'attesa chiuse. Il 62% di chi ha effettuato almeno una prestazione sanitaria nel sistema pubblico ne ha effettuata almeno un'altra nella sanità a pagamento.
Occorre dunque, pianificare quanto prima un passaggio da una sanità integrativa a disposizione di pochi a una sanità integrativa diffusa, creando un vero e proprio "welfare di cittadinanza", attraverso l'evoluzione del welfare integrativo da strumento "contrattuale" a strumento di "tutela sociale" in una prospettiva di presa in carico dell'intero "Progetto di Vita" dei cittadini. È fondamentale garantire a tutti gli italiani la possibilità di aderire alla sanità integrativa, perché un sistema sanitario universalistico è incompatibile con una necessità strutturale di integrazione "individuale" pagata direttamente dai malati, dagli anziani e da coloro che dispongono di redditi più bassi.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)