Vorrei riflettere sul momento in cui l’età comincia ad essere un problema e cioè quando il rapporto tra uomo e bicicletta va rinegoziato, pur restando autonomi e indipendenti anche grazie alle due ruote. Lo scrittore Cesare Zavattini con un verso della poesia “7 Luglio” sintetizza il problema dei propri limiti fisici e della rappresentazione sociale di se stessi: “Da noi si è vecchi solo il giorno che non si può alzare la gamba sopra il sellino”. Oggi tra i nonni vanno a ruba le bici “da donna”, più facili da inforcare. I più non sanno che la bicicletta, non è solo un mezzo di trasporto, ma è “silenziosamente” utilizzata anche come “ausilio alla deambulazione”, cioè in alternativa al sostegno del bastone. L’antropologo Marc Augé ci fa notare che rispetto all’onnipotente automobile, la bicicletta ci mette di fronte ai nostri limiti fisici ma la facendolo in modo meno spietato, rispetto solo alla fragilità delle nostre gambe. Ovviamente non ci si improvvisa ciclisti in tarda età, né tanto meno in un contesto urbano ostile; si rimane a lungo ciclisti se si è acquisita dimestichezza con il mezzo entro l’età in cui ci si sente sicuri della propria agilità, forza e soprattutto senso dell’equilibrio. Ma dove pedalare? La Pianura Padana potrebbe essere il massimo per bici e anziani, se si attuassero diffusamente politiche di sicurezza stradale. A Reggio Emilia è frequente vedere uomini, anziani e non, sostare sulla piazza principale e discutere a lungo, fermi raggruppati in numerosi crocchi di bici e persone. Ebbene questa piazza non ha una sola panchina, eppure è sempre stata l’Agorà, il salotto della città, grazie ai numerosi sellini su cui ci si siede e manubri su cui ci si appoggia, riuniti in chiacchiere.
(Fonte: tratto dall'articolo)