In Italia un terzo degli occupati è nella fascia d’età 50-64 anni, mentre nel 2004 erano un quinto. Ciò è dovuto sia all’invecchiamento della popolazione che alle riforme previdenziali, ma anche al ricambio nei posti di lavoro. Infatti l’Inps ha sottolineato come dei 511mila nuovi rapporti di lavoro attivati a gennaio, 91mila sono della fascia più matura e 74mila degli under 24. La domanda di lavoro interessa soprattutto i profili tecnici e penalizza i giovani, inoltre, per due candidati su tre, l’esperienza lavorativa è un requisito insieme ad un profilo scolastico di qualità. In molte aziende ciò ha favorito i senior, premiando la loro maggiore esperienza. Per i giovani bisognerà favorire l'alternanza scuola-lavoro, e la formazione on the job come nel modello duale tedesco. I senior espulsi dalle aziende che non sono riusciti a ricollocarsi sono finiti tra i disoccupati e gli inattivi, o sono tra i 170mila esodati salvaguardati. Dal 2004 è quindi aumentata la partecipazione al mercato del lavoro dei senior, nonostante in molti siano rimasti senza occupazione. Il tasso di occupazione generale è rimasto “stabile”, il tasso di disoccupazione è cresciuto dal 8,3% all’11,5%, balzando per i giovani dal 22,3% al 35,2% ed è calato il tasso di inattività dal 37,5% al 34,8%. Ne consegue che nei luoghi di lavoro si incontrino contemporaneamente quattro generazioni: la “silent generation” (1930-1949), i “baby boomers” (1950-1969), la “generazione X” (1970-1981) e la “generazione y” (1982-2005). Per questo diverse aziende fanno una “mappatura” dei dipendenti cercando di individuare opportunità e criticità di questa nuova situazione, e adottano politiche di active ageing.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)