Le vicende politiche che hanno condotto all'approvazione della legge sulla obbligatorietà di alcune vaccinazioni si prestano a varie considerazioni. Un primo aspetto di fondo che caratterizza il dibattito generale che si è sviluppato, potrebbe essere intitolato “la morte dell'esperto”. Sempre più persone ritengono di essere in grado di interpretare la realtà senza il bisogno di supporti metodologici o di contenuto. Quindi, anche nelle cure rivolte alla persona anziana per rispondere alle sue esigenze di salute dominerà la contrattazione tra pari, cioè tra il medico, depositario di conoscenze fondate sulla scienza, e il cittadino, informatosi sulla rete non sempre affidabile. Il rapporto medico-paziente non è per definizione un rapporto tra pari sul piano delle conoscenze (lo è evidentemente su quello della dignità umana). La “morte dell'esperto”, rischia di sottrarre il supporto di consigli che si fondano sulla fiducia riposta nel medico. Il secondo aspetto si riferisce all'intrinseca incapacità della scienza di farsi apprezzare dalla comunità. Occorre che esca dalla chiusura delle proprie conoscenze, dichiarando aspetti positivi e negativi del proprio operato, accettando il confronto anche con persone poco informate. E i finanziatori pubblici dell'acquisto di vaccini è opportuno che dimostrino che i prezzi sono equi e non sono la conseguenza di traffici poco chiari. Terzo aspetto è la presa di coscienza che chi invoca la libertà di decidere dovrebbe operare: a volte la vita collettiva si basa sulla rinuncia a qualche libertà, se questa rischia di danneggiare gli altri componenti della collettività. Il rifiuto di vaccinarsi, sapendo che questo si associa ad un rischio anche grave per la salute di bambini e vecchi fragili è di fatto la rinuncia ad una responsabilità collettiva, una delle condizioni irrinunciabili per costruire una comunità.
(Fonte: tratto dall'articolo)