Fu Pio XII ad aprire per la prima volta la Porta santa in bronzo che, dal 1950, viene spalancata in San Pietro in occasione del Giubileo. Per realizzarla, la Santa Sede si appellò alla Toscana: l’artista senese Vico Consorti, che dai conterranei fu ribattezzato Vico “Dell’uscio” proprio perché aveva progettato la porta, e alla Fonderia artistica Ferdinando Marinelli, che a Roma aveva già realizzato ibronzi per la grande rampa monumentale dei Musei Vaticani e la Porta (anch’essa santa) di Santa Maria Maggiore.
«Fu mio nonno a realizzarla — racconta Ferdinando Marinelli jr,oggi a capo dell'azienda di famiglia — Era arrivato a Firenze nel 1905 da un paesino umbro, Piegaro, per aprire una prima bottega in via dei Giudei. Poi la fonderia si trasferì a Rifredi, dove raggiunse fama mondiale. Qui fu realizzata la porta, pezzo unico il cui calco è stato distrutto. Mio nonno mi raccontava spesso della visita di Hitler e Mussolini durante la guerra, quando fummo costretti a smettere di fare arte e servire anche noi la patria con ben altri oggetti ».
Oggi, la fucina è in un capannone di 2000 metri quadri a Barberino Val d'Elsa e fra i committenti figurano Istituzioni, musei, chiese. Ma anche privati cittadini amanti del lusso, soprattutto russi e americani. Dagli anni Sessanta lo show room della Fonderia è la galleria Bazzanti, di lungarno Corsini, un «museo dei musei» che sembra non avere mai fine. File e file di statue immobili come fantasmi si moltiplicano in ogni stanza. Le sculture sono state realizzate da «operai, così li chiamiamo — spiega Marinelli — anche se sono artisti diplomati all'Accademia. Ma solo con la fatica del lavoro s'impara davvero quest'arte». Gli “operai” dai 40 ai 78 anni, coltivano una manualità immutata dai tempi del Cellini: stesse sostanze che si usavano per la patinatura, dai nomi molto HarryPotter (fegato di zolfo, «si usava anche la pipì al posto dell'ammoniaca, oggi siamo un po' più igienici»), stessa tecnica (a cera persa), stessi lunghissimi tempi di lavorazione. Fra gli ultimi lavori, le sale di Sant'Andrea e Sant'Alessandro all'interno del Cremlino, che Stalin disadornò.
«E' stato un lavoro durissimo, non avevamo modelli a cui rifarci ma vecchie foto di disegni» dice lo scultore Piero Bertelli, che da anni presta la propria opera alla Fonderia. «Abbiamo fatto parte di un team che da qui si è spostato a Mosca per restaurarle —conclude Marinelli — Quando vedete Putin in tivù, ricordatevelo: le sontuose stanze, i lampadari, gli arredi, persino i tappeti che gli fanno da scenografia sono realizzate da mani toscane».
(Sintesi redatta da: Silvana Agostini)