A Davos, dove periodicamente si affrontano i grandi problemi del futuro dalla parte dei padroni del mondo, è stata sollevata la tematica della durata del tempo di lavoro nel prossimo futuro, quando l’allungamento della spettanza di vita imporrà drammatiche scelte. Infatti per permettere la sopravvivenza dei nostri sistemi organizzati i cittadini dovranno lavorare molto più lungo. L’aumento della durata della vita ha provocato il contemporaneo allungamento del periodo di efficienza mentale e fisica (anche se le malattie tendono ad essere più frequenti negli anni di vita guadagnati). Dal punto di vista delle potenzialità di lavoro quindi non vi sarebbero problematiche, poiché le persone sono in grado di affrontare i nuovi compiti, ma come saranno le reazioni all’idea di dover prolungare per altri 10-15 anni il proprio impegno lavorativo? Andranno modificate, in pochi anni, abitudini che hanno una storia secolare e che riguardano il singolo, la famiglia, la comunità. Il lavoro non sarà sempre uguale, dovrà cambiare, mettendo alla prova le capacità cognitive e quelle esecutive. E quale sarà il rapporto tra ambiente famigliare e di lavoro, il primo che dovrebbe restare stabile, e il secondo, invece, cambiare perché esposto ai cambiamenti imposti dal progresso e dalle relative esigenze pratiche. Alla fine l’aspetto più rilevante sarà comprendere se sarà possibile per gli uomini e le donne trovare in questa nuova organizzazione, un nuovo equilibrio. Qualche cosa dovrà sicuramente cambiare perché il progresso dei prossimi anni sia davvero umanamente sostenibile.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)