Dal 1 gennaio 2018 scatta un’altra modifica previdenziale a causa della legge sulla riforme delle pensioni che porta il nome dell’allora ministro Fornero: sarà portata a 66 anni e 7 mesi l’età anagrafica per ottenere l’assegno sociale, prima a 65 anni e 7 mesi. L’assegno sociale di 448,07 euro mensili viene garantito agli anziani, singoli e coniugati in condizione di sofferenza economica, con redditi minimi non oltre 5.825 euro per i singoli e 11.560 euro per i coniugati. Dai dati INPS si stima che l’assegno slitterà per circa 45mila anziani. Oltre all’evidente disagio per chi vive in povertà, questa parte della riforma interessa anche il settore dell’invalidità civile, a causa della legge 118 del 1971. Questa stabilisce che gli invalidi e gli inabili civili ed i sordomuti che compiono 65 anni (il requisito per l’assegno sociale) smettono di ricevere la prestazione da invalido per riscuotere l’assegno sociale 'sostitutivo', di maggiore importo rispetto ai 279 euro dell’assegno di invalidità. Secondo l’INPS ci saranno circa 15 mila invalidi delle varie categorie, interessati al rinvio, che, sommati agli anziani in povertà, arrivano a 60 mila cittadini. È auspicabile un intervento sospensivo (o abrogativo) nel 2018 della parte della riforma che tratta dell’assegno sociale. Anche perché è un provvedimento che ha un onere contenuto e non a carico dell’Inps, visto che i sussidi assistenziali sono garantiti dalla fiscalità generale.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)