Molti di noi lo hanno sempre pensato a livello intuitivo, perché osservando chi si occupa degli altri è spesso ben evidente come nell’atto di dare si riceva anche per se stessi.
Chi si impegna per gli altri, sente che le proprie azioni, e quindi la propria vita, hanno un senso, fa un passo importante verso la realizzazione di sé e ne ricava una generale sensazione di benessere.
A confermarci queste idee, ora vengono in soccorso anche ricerche di tipo scientifico, dalle quali emerge che sì, la solidarietà conviene. Conviene perché il ritiro dal lavoro, l’agognato riposo possono rappresentare il passaggio a una vita più rilassante, dove non è più necessario il confronto costante con la complessità. Ma è proprio l’allenamento alla gestione della situazioni complesse o critiche che consente alla mente di non invecchiare, di non atrofizzarsi.
Negli Stati Uniti, il programma Experience Corps prevede che cittadini over 55 vengano formati per diventare tutor e insegnanti di sostegno di bambini che frequentano le scuole elementari dei quartieri poveri di una ventina di città americane.
Da uno studio recentemente apparso sulla rivista Alzheimer’s & Dementia, condotto su oltre un centinaio di persone coinvolte nel progetto - con un’età media di 67 anni - sono emersi due aspetti molto rilevanti.
In primo luogo il rendimento scolastico dei bambini seguiti dai tutor anziani è aumentato, dando così una prima risposta positiva al progetto. Dallo studio è emerso anche che gli anziani volontari, monitorati per due anni attraverso risonanza magnetica e test di memoria, non presentavano le modificazioni cerebrali fisiologiche tipiche dell’invecchiamento, ovvero l’atrofia. Negli uomini si è riscontrato addirittura un lieve aumento del volume cerebrale, con un conseguente miglioramento delle prestazioni nei test di memoria.
Pare proprio non esista più alcun dubbio: investire sugli altri è il miglior investimento su se stessi.
(Fonte: tratto dall'articolo)