Primo rapporto sul lavoro di cura in Lombardia a cura dell'Irs: il 40% di chi assiste i propri familiari si sente abbandonato.
Un caregiver lombardo su tre non sa di cosa ha bisogno per affrontare la solitudine e le difficoltà del lavoro di cura. Poca informazione, poca attenzione al servizio offerto dal pubblico e un diffuso senso di indispensabilità che rende difficile tenere le giuste distanze. Per questo è sempre più di moda il "welfare fai-da-te", informale e privato.
Un'analisi preziosa che assume ancora più rilevanza se la si mette in relazione al contesto: ogni anno ci sono 40-45 mila nuovi ultra 65 enni. Nel 2030 toccheranno quota 3 milioni e di questi un milione avranno più di 80 anni.
L'età media degli assistiti dai caregiver intervistati è di 82 anni e nove su dieci sono invalidi al 100%. Il 40% ha Alzheimer o demenza, mentre uno su dieci il Parkinson. A questo si aggiunge che sei su dieci hanno una forma di disabilità. Insomma, il quadro è difficile e l'impegno richiesto è molto importante. L'identikit dei caregiver vede in maggioranza donne impiegate in questo lavoro (il 73%) con un'età media di 59 anni. L'impegno della cura dei familiari in media dura più di due anni, tempo che alla fine incide sulla tenuta, anche psicologica di chi assiste.
Il 40% si sente infatti abbandonato (il tema dei bisogni è quello più difficile da esplorare). L'unica richiesta che si sente con un minimo di insistenza è quella di avere un sostegno economico che riconosca il lavoro del caregiver.
Nella classifica delle esigenze al secondo posto c'è il supporto di un volontario (17%) mentre molto più indietro si pone l'esigenza di una badante (6,4%) o di un ricovero in strutture (2,3%). Anche in termini di servizi aggiuntivi c'è pochissima consapevolezza: due su tre non si danno una risposta e solo uno su dieci chiederebbe un sostegno psicologico per evitare il burn-out. (Fonte: tratto dall'articolo)