La tragedia di Mestre ci lascia sbigottiti. Un uomo quasi centenario uccide sua moglie e poi tenta il suicidio. La signora, a sua volta, aveva 90 anni. I due facevano la fila davanti a un ambulatorio dell’ospedale. Malati. Soli. Una vita passata insieme. Una vita fatta di coccole, problemi, attenzioni. Poi la vecchiaia. Con i suoi acciacchi. I suoi limiti. Questo pone un dilemma. Ma perché far fare la fila in ospedale ai vecchi? Non sarebbe possibile prevedere per loro un servizio di riguardo? Una sorte di corsia di sorpasso? Il peggio che possa capitare ai vecchi non è la malattia fisica - che pure li prostra - ma il convincersi di essere ormai diventati un peso. Negli anni passati si invecchiava in casa. Insieme ai figli e ai figli dei figli. I vecchi non smettevano mai di essere utili. I bambini imparavano a rispettare e a dialogare con i vecchi. E loro, i vecchi, potevano godere della freschezza, dell’aiuto e dell’entusiasmo dei bambini. La famiglia che tanto sta a cuore alla Chiesa è anche questa consapevolezza che nessuno avrà 20 anni per sempre. Si discute spesso di pensare un mondo a dimensione di bambini. È un bene. Ma dobbiamo anche costruirlo a dimensione di vecchi. La vita è un dono. Da ricevere e ricambiare. Si comincia a morire quando non si aspetta più nessuno.
(Fonte: tratto dall'articolo)