Le dinamiche demografiche, pur non essendo tra le priorità dell’agenda politica, hanno un inevitabile impatto sull’economia nazionale e sui conti pubblici così come la realtà delle migrazioni. A questi temi è dedicata l’edizione 2018 del Rapporto sull’economia dell’immigrazione della Fondazione Leone Moressa. Tutta Europa vive un progressivo invecchiamento demografico, con più morti che nati ma con una frattura tra i Paesi europei: 13 Paesi con saldo positivo e 15 con saldo negativo. La crescita demografica più forte si registra in Francia (+164.600) e Regno Unito (+147.900) e altri Paesi del Nord Europa. All'opposto i Paesi dell’Europa meridionale (Portogallo, Spagna, Grecia), i Paesi baltici e quelli dell’Est. La situazione più critica si registra in Italia e Germania. Nell’ultimo anno la Germania ha registrato 785 mila nati e 933 mila morti (saldo -148.000), l’Italia 459 mila nati e 650 mila morti (saldo -191.000). Con una “migrazioni zero”, al 2050 l’UE a 28 registrerebbe una diminuzione del 7,3% rispetto al 2015. Tra le aree con la perdita maggiore la Germania con una diminuzione superiore al 15%, e l’Italia, col -16,7%. Contemporaneamente in tutta Europa la quota di anziani, (le persone di almeno 65 anni) passerà al 28,5%, rispetto al 18,9% del 2015 con ripercussioni sulla forza lavoro e sui conti pubblici, visto che diminuiranno i lavoratori e aumenteranno i pensionati.
Nonostante l’immigrazione sia stata percepita come un’emergenza, gli ingressi di immigrati in Italia sono progressivamente diminuiti negli ultimi anni. I permessi di soggiorno per motivi di lavoro sono scesi da 350 mila nel 2010 a 13 mila nel 2016. La diminuzione dei nati stranieri e l’aumento delle emigrazioni (che coinvolgono italiani, stranieri e stranieri naturalizzati), hanno fatto sì che l’immigrazione non riesca più a compensare il calo demografico. La conseguenza è che la popolazione italiana sta già calando e continuerà a farlo nei prossimi anni. Si tratta di una realtà che avrà ripercussioni concrete a livello sociale ed economico, fino a configurare una vera e propria emergenza, in una prospettiva già a breve e medio termine. Occorrerà quindi aumentare la partecipazione di donne e giovani al mercato del lavoro, tuttora al di sotto degli standard europei. Ma è altrettanto evidente che il nostro Paese non può fare a meno del contributo di circa 5 milioni di residenti stranieri, che producono circa il 9% del PIL e contribuiscono attivamente al gettito fiscale e contributivo.
(Fonte: tratto dall'articolo)