Sono cinque milioni gli italiani che soffrono di incontinenza, circa l’11% dei maschi e il 13% delle donne, un problema socio-sanitario in crescita ma ancora in gran parte sommerso. Il problema, a livello mondiale, interessa 33 milioni di americani e 22 milioni di europei, ma i numeri sono sottostimati. «L’incontinenza urinaria da vescica iperattiva è ancora troppo spesso un tabù» dice Michele Gallucci, presidente dell’Associazione Urologi Italiani (Auro.it). «È vissuta con imbarazzo, stravolge la vita sociale e affettiva, ma chi ne è affetto si rassegna, la considera erroneamente in molti casi una conseguenza fisiologica dell’invecchiamento e non ne parla. Mentre molto si può fare per arginare il problema con farmaci specifici, esercizi riabilitativi o persino interventi chirurgici». Il problema ha anche un forte impatto economico, in Italia si spendono l’anno più di 190 milioni di euro per assorbenti o pannoloni che sono completamente a carico dei malati. Dopo la diagnosi per gestire il problema di solito vengono proposti dei cambiamenti nello stile di vita e un trattamento farmacologico. Ridurre quindi cibi piccanti e l’assunzione di bevande frizzanti o diuretiche come quelle contenenti caffeina. Nel frattempo viene consigliato un trattamento riabilitativo del pavimento pelvico e la rieducazione vescicale. In caso di scarsi risultati si può passare a trattamenti medici (non rimborsati dal SSN), anche perché quelli di nuova generazione, i medicinali agonisti beta-3adrenergici, sono ben tollerati. Altre soluzioni possono essere iniezioni di tossina botulinica o la neuro modulazione, la prima è eseguita in day hospital in leggera anestesia e con un effetto che può durare molti mesi. Anche la neuromodulazione va fatta in in day-hospital con anestesia locale e prevede l’impianto sottocute di una sorta di pace-maker per stimolare l’innervazione della vescica e del pavimento pelvico. Nel caso nessuna delle opzioni precedenti sia riuscita si ricorre alla chirurgia ricostruttiva.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)