Alcuni giorni fa, sull’inserto del Corriere della Sera “LIBERI TUTTI”, la giornalista e scrittrice Costanza Rizzacasa D’Orsegna nel pezzo “Perché trattiamo gli anziani come bebè?”, sottolinea una pratica ormai di uso comune da parte di tanti. L’autrice scrive della “piaga ”: un modo di parlare degli anziani in modo sufficiente, paternalista, quasi come fosse un individuo da compatire per quello che è anziano!
In effetti, in passato l’anziano si trattava con rispetto e riverenza: veniva chiamato “maestro”, o magari con il titolo di studio che l’aveva caratterizzato nella sua vita lavorativa, anche se era in pensione o fuori dal contesto lavorativo, la qualifica rimaneva: si era comunque il “professore”, “avvocato”, “dottore” e così via. Era come il modo per attestare il rispetto per l’impegno di una vita, quasi un riconoscimento. Oggi, questa deferenza, si è rarefatta e trasformata in un modo di dire, tanto per licenziare l’anziano con un tono che spesso intende affermare: “Si, va bene, una volta si faceva così, oggi però è tutto cambiato. Lascia fare a chi conosce le nuove procedure”.
(Fonte: tratto dall'articolo)