La psichiatra americana C. Maslach definisce il burnout come una perdita di interesse vissuta dall’operatore verso le persone con le quali svolge la propria attività (pazienti, assistiti, clienti, utenti, ecc), una sindrome di esaurimento emozionale, di spersonalizzazione e riduzione delle capacità personali che può presentarsi in persone che, per professione, sono a contatto e si prendono cura degli altri. “Una delle qualità fondamentali di chi lavora nelle professioni sanitarie è aver a cuore l’umanità”, scriveva nel 1927 Francis Weld Peabody, docente alla Harvard University, “perché il segreto della cura del paziente è aver a cuore il paziente”. Aver a cuore il paziente significa essere in grado di accogliere la sua sofferenza, sentirla risuonare in sé emotivamente e attivarsi per cercare di alleviarla: significa cioè avere compassione. Il ruolo fondamentale di questo ateggiamento nella cura è noto empiricamente sin dall’alba della medicina occidentale, ma negli ultimi anni la ricerca sta dettagliando in modo sperimentale il nesso tra compassione ed efficacia dei processi di cura e i meccanismi fisiologici da cui dipende questa relazione.
(Fonte: tratto dall'articolo)