Una declinazione operativa dei principi definiti dall’OMS nell’ambito della trasformazione “Age Friendly” delle città (risoluzione A/RES/46/91) è testimoniata dal progetto finanziato dal programma Interreg Spazio Alpino TAAFE al quale hanno collaborato partner di cinque Paesi dell’area per realizzare una metodologia di lavoro volta a creare un “trio” composto da: un referente dell’area sociale della municipalità; un anziano rappresentante dei gruppi di anziani presenti nel territorio; un facilitatore esperto delle metodologie di coinvolgimento sociale e della gestione delle dinamiche di gruppo.
Il leader del progetto era il Comune di Treviso che, con l’IPAB ISRAA (ente che raggruppa le case di riposo cittadine) ha optato per il potenziamento delle competenze digitali degli anziani, finalizzate a facilitare il loro accesso alle istituzioni ed ai servizi pubblici. Dopo un percorso di un anno l’obiettivo è stato raggiunto, ma soprattutto è stato possibile strutturare un modus operandi capace di affrontare in prospettiva nuove sfide sociali e dare ascolto alle altre esigenze degli anziani. All’interno di tale modalità di lavoro fortemente basata sulla comunicazione e sulla cooperazione tra i principali attori istituzionali presenti nel territorio, si colloca così l’evoluzione del percorso trasformativo di Treviso quale Città amica delle persone affette dalla demenza.
Nella sola Provincia di Treviso i casi di demenza sono oltre 15.000 (Istat, 2021). L’esperienza della pandemia ha esacerbato molte situazioni, già di per sé difficili, confermando l’urgenza di considerare la condizione di fragilità cognitiva in un contesto che comprenda la famiglia, le relazioni, la situazione economica e abitativa, le abitudini di vita, la personalità. Basti pensare che le persone affette da demenza hanno avuto un tasso di mortalità 3 volte maggiore rispetto ai soggetti di pari età. Considerati i numeri crescenti delle persone coinvolte dalla malattia e il mutamento del tessuto sociale che si muove verso un impoverimento numerico, oltre che economico, della rete familiare, è necessario pensare ad una rete di welfare che potenzi le competenze dell’intero tessuto della comunità cittadina, in cui ogni individuo partecipa e contribuisce alla costruzione di una salute collettiva.
L’ipotesi iniziale è che le RSA possano trasformarsi in Centri di Servizi aperti al territorio, sviluppando nelle comunità, in sinergia con le istituzioni pubbliche e private, con l’associazionismo, il volontariato, le singole famiglie, una rete territoriale di aiuto mirata a sostenere i malati e le loro famiglie. Al fine di coinvolgere e responsabilizzare in modo stabile e continuativo gli attori sociali del territorio, è stata organizzata una conferenza pubblica in cui i rappresentanti delle forze pubbliche (Comune, Scuola, Associazionismo, Azienda Sanitaria Locale, Clero, Azienda del trasporto pubblico, Confesercenti…) si sono impegnati, tramite siglatura di un Patto concordato, nella realizzazione di iniziative concrete a supporto dei malati e delle loro famiglie.
ISRAA ha realizzato e consolidato in questi anni un carnet di iniziative flessibili nel territorio. In primis, è stato realizzato uno sportello al cittadino dove ricevere informazioni su Alzheimer e altre forme di demenza; ottenere orientamento rispetto ai servizi esistenti, indicazioni sulla gestione dei disturbi del comportamento, informazioni sui diritti del malato, aiuti sull’assistenza e sulle modalità comunicative con il malato.Il progetto “Città Amica”, inoltre, ha previsto l’erogazione di percorsi domiciliari psicoeducazionali personalizzati.Un ulteriore intervento, con la collaborazione tra ISRAA e Centro Servizi Volontariato, è realizzato nella sinergia tra i Caffè Alzheimer ed i Centri sollievo.
Ogni Centro sollievo è costituito da un gruppo di persone con demenza lieve (max 10 persone) che si incontra due volte a settimana per mezza giornata con intrattenimento organizzato da volontari formati da ISRAA. I rapporti preesistenti tra ISRAA, erogatore e le forze attive nel territorio (Centri sollievo, associazione familiari, servizi sociali, Ulss) si sono consolidati ulteriormente, massimizzando la possibilità di tessere una rete di servizi attorno alla diade malato-caregiver e facilitando il flusso tra questi, in un’ottica centrata sul fruitore e non sul servizio. Inoltre, si è contribuito all’abbattimento del pregiudizio verso le Rsa, spesso lette come luogo custodialistico e non proattivo nella comunità, valorizzando e potenziano le professionalità che vi operano.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)