L’alta mortalità per Covid-19 tra gli anziani e la sua concentrazione massima tra i ricoverati nelle Rsa, unita alla emersione di fenomeni di grave trascuratezza, rischiano di trasmettere l’idea che la maggior parte degli anziani fragili o non autosufficienti sia ricoverata nelle Rsa e che queste siano in larga prevalenza luoghi di abbandono, da smantellare a favore della permanenza in casa propria. È l’immagine comunicata anche dal documento della Commissione per la riforma voluta dal ministro Speranza (Commissione Paglia, dal nome del suo coordinatore). Premesso che di domiciliarità si parla da tempo, in Italia scarseggiano i servizi che la rendano possibile senza che gravi totalmente sulle risorse umane, di tempo e finanziarie dei familiari, con il solo aiuto dell’Indennità di accompagnamento che, per altro, non differenzia per tipo di non autosufficienza e non è legato ad alcuna condizionalità d’uso.
Gli anziani che vivono in una residenza in Italia sono 285mila, pari a meno del 2% dell’intera popolazione over 65. Una percentuale di molto inferiore a quella della maggior parte dei Paesi europei, ove la disponibilità di posti è di gran lunga superiore (e la mortalità per Covid degli anziani, in strutture o a casa, molto più bassa). Gli anziani fragili ospitati nelle strutture sono nella stragrande maggioranza in età molto avanzata, in condizione di grave fragilità o non autosufficienza, che non possono essere adeguatamente curati a casa e per questo è stato grave l’abbandono e il sotto-investimento in cui sono state lasciate queste strutture. Ed è giusto che il Piano di ripresa stanzi fondi per una loro riqualificazione.
Detto ciò resta in piedi il problema dell’ageing in place, che riguarda la stragrande maggioranza degli anziani fragili e delle loro famiglie, ossia come rendere sostenibile vivere nel proprio contesto senza dover contare solo sulla solidarietà dei familiari e, per chi può, sui badanti. Al momento in Italia riceve un aiuto domiciliare, spesso di poche ore settimanali, solo il 6% della popolazione anziana, a fronte del 17% della Svizzera, 15% della Germania, 9% di Olanda e Spagna, Paesi che pure hanno molti più posti residenziali. Nel Pnrr si parla molto di sostegno ai servizi domiciliari, ma essi sembrano intesi solo come servizi Adi (Assistenza Domiciliare Integrata), erogati dal servizio sanitario al termine di un ricovero, per seguire il decorso post-intervento e per un periodo breve. La non autosufficienza richiede invece cure, non esclusivamente sanitarie, di maggiore o minore intensità, di lungo e non prevedibile periodo, per accompagnare la persona nella vita quotidiana e che terminano solo con la morte.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)