A sopravvivere non sarà il più forte e competitivo, ma il più empatico e vicino al prossimo. Lo sostengono un sociobiologo, Daniel Lumera e un’epidemiologa, Immaculata De Vivo, nel libro “Biologia della gentilezza”.
In tutto il mondo, si sta perdendo la gentilezza. Lo stress psicosociale, dovuto a traumi di vario genere, dalla mancanza di lavoro agli abusi, ha un effetto sul nostro Dna che si misura con i telomeri e, a lungo andare, conduce a patologie gravi secondo un processo biologico che ci è sempre più chiaro.
La professoressa De Vivo, un’autorità ad Harvard (Usa), sintetizza sei anni di studi al microscopio su che cosa favorisce o meno la longevità e l’assenza di malattie. Dobbiamo prima di tutto essere gentili verso noi stessi, poi nel prendersi cura degli altri.
La pandemia ha fatto da specchio; ci ha mostrato quello che non avevamo tempo di vedere. Molti hanno aiutato i vicini anche solo facendo la spesa per loro. “Questo è il momento per cambiare”, ha dichiarato la professoressa di Harvard. Desiderare il bene di tutti ha un impatto enorme sulla nostra biologia. Ci cura e ci insegna che il più adatto alla sopravvivenza, in questo pianeta, è il più gentile.
Lumera introduce, infine, un nuovo modo di reagire: la rabbia gentile. E spiega: "le manifestazioni di violenza spesso sono richieste di amore non capite. Nascono da traumi infantili o compensazioni a mancanze di rispetto. Riconoscerli è già un passo importante. Abbiamo bisogno di una rivoluzione pro-attiva, che parta dalla coscienza di noi stessi, non reattiva. Il che, non significa subire in silenzio. Ma avere il coraggio, la forza di non contrapporre odio all'odio".
(Fonte: tratto dall'articolo)