Da uno studio pubblicato su «Science Translational Medicine» risulta che le persone a cui è stata rimossa l’appendice in giovane età hanno il 20% in meno di rischio di sviluppare il morbo di Parkinson. Gli scienziati hanno esaminato i dati dell’archivio svedese nazionale dal 1964 ad oggi ed anno incrociato i pazienti che avevano subito un’appendicectomia con le diagnosi di Parkinson. Oltre al ridotto rischio di contrarre il morbo, è emerso anche che, in caso di Parkinson, l’esordio della malattia viene ritardato di quasi 4 anni se sottoposti ad appendicectomia. Analizzando i dati in in maniera più approfondita i ricercatori hanno scoperto che l’effetto protettivo è rilevabile solo per chi vive in grandi centri urbani. Non vale nelle campagne, dove il rischio sale perché si è più esposti a pesticidi o all’utilizzo di acqua proveniente dai pozzi. Oltre da questi dati, una conferma arriva anche dall’analisi proteica dell’appendice di individui sani e in affetti dalla malattia neurodegenerativa, dove si è notato che in entrambi i casi sono presenti aggregati di alfa-sinucleina, proteina che in chi ha il Parkinson si accumula a livello cerebrale e che è responsabile del danno ai neuroni tipico della malattia. Si pensa che l’appendice sia un centro di accumulo degli aggregati di alfa-sinucleina, che è presente però anche negli individui sani. A portare l’alfa-sinucleina al cervello potrebbe essere responsabile il nervo vago. Non basta quindi ricorrere al chirurgo per togliere con l'appendice il rischio del Parkinson.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)