Secondo alcune teorie evolutive l’assenza di contatti con il mondo circostante innesca una catena di meccanismi negativi di involuzione neurobiologica, condizione che accelera i processi infiammatori, riduce il funzionamento del sistema immunitario e aumenta il rischio di morte prematura in una percentuale compresa tra il 26 e il 29%.
Chi è solo è più esposto al rischio di malattie respiratorie, infarto, ictus, depressione e demenza. Prendersi cura delle persone sole significa dunque – dal punto di vista delle istituzioni – contribuire a prevenire le malattie che fanno aumentare la spesa sanitaria e a mantenere intatta la produttività della forza lavoro.
Secondo i risultati di un ampio sondaggio realizzato dalla Commissione Europea, presentati a Bruxelles il 6 giugno scorso, i cittadini comunitari che nel 2022 hanno dichiarato di soffrire spesso o sempre di solitudine sono il 13%. Percentuale che sale al 35% se si allarga la ricerca a episodi sporadici. Il fenomeno interessa in particolare Irlanda, Lussemburgo, Bulgaria e Grecia. Livelli al di sotto del 10% si osservano nei Paesi Bassi, nella Repubblica Ceca, in Austria e Croazia. L’Italia è inclusa nella fascia tra il 13% e il 14%.
(Sintesi redatta da: Righi Enos)