Amava la vita, tutte le vite, e odiava la guerra, tutte le guerre. Intorno a Gino Strada, morto a 73 anni ieri a Rouen, dov’era in vacanza (e da tempo era molto malato), si è levato un cordoglio quasi generale e internazionale, con numerosi politici, da destra a sinistra, che lo ricordavano per quanto ha fatto in mezzo mondo, per le centinaia di migliaia di persone curate.
Era nato nella periferia milanese inconsapevolmente aristocratica chiamata "Stalingrado rossa": a Sesto San Giovanni, cittadina operaia cresciuta con la Falck, la Marelli, la Pirelli, le ciminiere e le rastrelliere per decine di migliaia di biciclette. Figlio di due operai, s’era ritrovato adolescente in parrocchia, con l’ex presidente delle Acli e deputato, Giovanni Bianchi. Dopo il liceo classico al Carducci, in piazzale Loreto, lo stesso di Bettino Craxi, Claudio Martelli, Armando Cossutta, la laurea è inevitabilmente all’università Statale. Negli anni delle contestazioni fa parte del Movimento studentesco, si occupa del giornale. E dalla sua passione per la scrittura nasce il libro che lo rende famoso: Pappagalli verdi, edito da Feltrinelli nel 1999.Il titolo deriva dalla forma di alcune mine anti-uomo. Sono costruite come giocattoli, con l’idea che siano soprattutto i bambini a raccoglierle. E quindi i primi a morire.
La forza con cui, intervistato, Strada sa raccontare la crudeltà dei teatri di guerra aggrega d’improvviso intorno alla "E" rossa di Emergency, la Ong fondata con la prima moglie Teresa Sarti, decine di migliaia di pacifisti di ogni età, credo, censo. Strada diventa trasversale in un’epoca nella quale non si parlava come adesso di "volontariato". Lui è un semplice volontario disarmato. Uno che senza dire niente a nessuno, almeno così era all’inizio della lunga carriera, rischia la vita al fronte, in mezzo a morti, feriti, malati, contagiati. Armato di bisturi e medicine. Sostenuto da amici.
Il suo è un lascito diverso, che fa dire al presidente della Repubblica Sergio Mattarella che Strada «invocava le ragioni dell’umanità» e al presidente del Consiglio Mario Draghi che «ha trascorso la sua vita sempre dalla parte degli ultimi». Un lascito forte, che sta commuovendo Milano e l'Italia.
(Sintesi redatta da: Linda Russo)